di Sy Garte

Si parla spesso di moralità. Alcuni sostengono che ci sono fatti morali, altri che i codici morali sono soggettivi e dipendono dalla cultura. Ho letto la motivazione che gli istinti morali umani sono il prodotto dell’evoluzione, o semplicemente l’esperienza collettiva di ciò che funziona. Altri sostengono che la moralità è di origine divina e parte dell’imago Dei, l’immagine di Dio, in cui l’uomo è stato creato.
Questo è un argomento ostico, quasi quanto la questione del male. Ed è principalmente un problema di filosofia, anche se alcuni hanno cercato di rendere tutto ciò una questione di scienza. Dal momento che è così difficile capire qualcosa sulla natura del bene e del male, generalmente mi tengo lontano da questo argomento. Ma ho alcune idee in merito, e anche se probabilmente sono ingenue e ben al di sotto dei canoni standard per un discorso filosofico (sono, dopo tutto, solo un semplice scienziato), ho pensato che questo post sarebbe stato un ottimo spazio per esprimerle – insomma, perché no?
Qual’è quindi la mia visione della moralità? In poche parole, credo che tutte le affermazioni del primo paragrafo siano corrette. Ci sono fatti morali e la moralità dipende anche dalla cultura. L’evoluzione gioca un ruolo nel modo in cui le persone si comportano, e noi impariamo a fare di meglio sull’esperienza pratica ed empirica. E la moralità è un aspetto centrale della nostra natura umana data da Dio. L’idea che una qualsiasi di queste affermazioni si escluda a vicenda con una qualsiasi delle altre è un esempio del tipo di assolutismo filosofico che è diventato (o che forse è sempre stato) così popolare: se la natura umana deriva dai geni, allora la cultura non ha alcun ruolo, e viceversa. La verità, naturalmente, è che entrambi hanno un ruolo. Un altro esempio di assolutismo moderno è l’idea che poichè la scienza ci dice molto sul mondo, solo la scienza può dirci qualcosa di vero su tutto.
Ma torniamo alla moralità. La maggior parte degli individui è d’accordo e generalmente segue certi principi morali, come “è sbagliato fare del male ai bambini” o “è sbagliato causare morte o dolore a un altro essere umano”. Ma per molte altre questioni di comportamento morale – e, in effetti, anche per questi principi basilari – culture diverse possono avere codici diversi. Per culture diverse, intendo sia in diverse parti del mondo che la stessa parte del mondo in diversi periodi di tempo. Causare la morte di esseri umani un tempo era molto più tollerato nella maggior parte delle culture di quanto non lo sia oggi. La pena di morte era accettata come giusta punizione per l’omicidio, il furto, il vandalismo, alcune forme di cattiva condotta sessuale, ecc. nelle varie culture dall’Asia al Medio Oriente all’Europa occidentale appena 500 anni fa.
La schiavitù, una pratica che noi tutti troviamo ripugnante oggi, era molto diffusa nel mondo antico ed era considerata non solo accettabile ma necessaria per una società funzionante. L’abolizione della schiavitù nel mondo mediterraneo sarebbe stata impossibile da concepire quanto l’applicazione di una dieta completamente vegana nel mondo occidentale degli Stati Uniti (anche se senza dubbio alcune persone pensano che le due cose siano moralmente equivalenti).
Abbiamo acquisito i nostri standard morali dall’evoluzione del cervello umano? O i valori morali hanno semplicemente tenuto il passo con il crescente riconoscimento che certi modi di agire rendono la nostra vita migliore?
Come ho detto in precedenza, entrambe le cose sono vere ma solo in parte. Come nel caso di altri mammiferi, siamo persone sociali, con istinti basati sulla genetica che agiscono in modi che non disturbano ma rafforzano il successo del gruppo, probabilmente ereditati dai nostri antenati. E sì, è vero che probabilmente le persone sono arrivate a comprendere che alcuni modi di comportarsi verso i nostri simili non funzionano poi così bene. I primi codici morali storici come i dieci comandamenti sono probabilmente basati su tali esperienze in società agrarie e civilizzate.
Ma nessuna di queste realtà racconta l’intera storia della moralità e del ruolo che gioca nelle interazioni umane. Il concetto di giusto e sbagliato è unicamente umano. Come C.S. Lewis ha così eloquentemente sottolineato, le discussioni tra le persone riguardano quasi sempre il fatto che qualcuno abbia fatto o detto qualcosa di “sbagliato”.
Questo presuppone che esista un giusto e uno sbagliato. Quando si è accusati di essere “cattivi”, solo uno psicopatico direbbe: “Sì, e allora? Tutti gli altri risponderanno o “No, non l’ho fatto”, o “Beh, l’ho commesso, ma avevo una buona scusa”. Alcuni potrebbero sostenere “Ho commesso il fatto, ma non è sbagliato”. Ma in ogni caso, c’è un tacito accordo che c’è una cosa che è “sbagliata”.
Da dove gli umani hanno preso questa idea che esiste qualcosa che è moralmente giusto o meno? Non dall’evoluzione.
Pur facendo cose buone o cattive, gli altri animali non sono consapevoli dell’esistenza del bene o del male. Fanno semplicemente quello che devono fare. Possono essere addestrati, ovviamente, ma questa è una funzione delle definizioni umane del bene e del male, non delle loro. Il fatto che molti mammiferi si prendano cura dei loro piccoli, proteggano i loro compagni e compiono altre cose che noi consideriamo moralmente giuste, non è rilevante per la questione del bene e del male.
Gli animali non compiono queste cose per un codice morale appreso, o perché sono nati con una comprensione del concetto del bene e del male simile a quella umana.
Tutti gli individui di una specie mostreranno lo stesso comportamento, un segno sicuro che si tratta di un risultato programmato e incorporato di un istinto basato sull’evoluzione o di una risposta determinata biologicamente. Il fatto che la moralità umana sia in gran parte basata sulla cultura, e non universale nel tempo o attraverso le culture, si oppone fortemente contro un meccanismo evolutivo biologico. Naturalmente, la premura verso i familiari e la cura della prole, non solo sono considerate morali, ma sono anche probabilmente originate dall’evoluzione. Ma il come prendersi cura della propria prole non lo è.
Allora, da dove ha origine tutto ciò? E quando è iniziato?
Non lo sappiamo, ma gli esseri umani come specie hanno circa 250.000 anni, e non ci sono prove che il cervello umano includa alcun particolare polimorfismo genetico legato a un concetto di giusto e sbagliato. In effetti, sarebbe difficile immaginare quale tipo di proteina (che è il prodotto dei geni, dopo tutto) potrebbe avere come propria funzione quella di farci riconoscere che è possibile essere cattivi o buoni.
Forse la risposta è che la moralità, come molti processi di pensiero non materiali incredibilmente complessi, dalla matematica e l’umorismo, alle inclinazioni sessuali e la creatività letteraria, nasce da miliardi di interazioni a livello neurale in quell’organo incredibilmente complesso che è il cervello umano. Può darsi. Ma questa non è davvero una risposta, non è vero? È più una confessione di ignoranza.

Francis Collins ci dice che uno degli argomenti più convincenti che lo portarono ad accettare il cristianesimo fu quello che lui chiamava la legge morale. Con questo intende non solo che le persone hanno un senso della moralità, ma che a volte quel senso morale può assumere forme estremamente radicali, come nei casi estremi di sacrificio di sé stessi o di altruismo, che sfidano la logica, il senso comune e una serie di imperativi biologici. La legge morale dice che sappiamo cosa è giusto e cos’è sbagliato, e spesso facciamo quest’ultimo, per il quale proviamo un altro tratto unicamente umano: il senso di colpa.
Come cristiano, sono d’accordo con Lewis e Collins, e vedo il concetto di moralità come qualcosa dato agli esseri umani dal nostro Creatore. La Bibbia presenta la creazione di Adamo come il soffio di Dio che porta alla vita una creatura fatta di argilla. Ma il momento in cui Adamo ed Eva divennero pienamente umani, come lo siamo noi oggi, fu quando impararono il bene e il male, e in quel momento seppero anche di aver peccato.


Sy Garte, dottorato di ricerca in biochimica, è stato professore di salute pubblica e scienze della salute ambientale alla New York University, alla Rutgers University e all’Università di Pittsburgh. È stato anche Direttore Associato presso il Center for Scientific Review del NIH. È autore di cinque libri, oltre 200 articoli scientifici e articoli su Perspectives on Science and Christian Faith, God and Nature e The BioLogos Forum. Sy è Vice Presidente del Capitolo dell’ASA di Washington DC, e un collega dell’ASA. È Editor-in-Chief of God and Nature dalla primavera del 2018, ed è l’autore di The Works of His Hands.

Testo pubblicato originariamente su Science and Belief. Tradotto e riprodotto qui con l’autorizzazione da parte dell’editore Science and Belief. Il suo utilizzo totale o parziale è proibito in ogni forma previa richiesta e autorizzazione di InfoStudenti. Il contenuto del presente articolo non è alterabile o vendibile in alcun forma.
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