Gesù di Nazareth – perché gli storici potrebbero conoscere la sua persona e perché è importante questo aspetto
Gesù di Nazareth è stato la persona più influente di tutta la storia umana che abbia mai camminato sulla terra. Ancor oggi, più di due miliardi di persone in tutto il mondo affermano di essere suoi seguaci, più del numero di quelli di altre religioni o di visioni del mondo. La Cristianità è responsabile di un gran numero di progressi nella storia della civiltà – nell’educazione, nella medicina, nel diritto, nelle arti, nelle operazioni per i diritti umani, e anche nelle scienze naturali (basate sul principio che Dio aveva progettato il mondo in modo ordinato e ha lasciato degli indizi perché le persone possano conoscerlo).[1]Chi era però questo individuo e come possiamo raccogliere informazioni su di lui? Una recente opera d’immagini famose di Gesù in America ha identificato otto diversi ritratti: “il Saggio Illuminato”, “il Dolce Salvatore”, “il Redentore”, “la Superstar”, “il Fratello Anziano mormone”, “il Mosè Nero”, “il Rabbino” e “Cristo Orientale.”[2]
Dato che questi ritratti si contraddicono l’un l’altro in molti punti, non possono essere certamente tutti corretti. Gli storici devono tornare alle antiche prove sull’esistenza di Gesù e valutare i suoi meriti. Queste prove comprendono tre categorie maggiori: quella non Cristiana, la Cristiana storica e quella sincretistica (un ibrido di prospettive Cristiane e non).
La prova non Cristiana su Gesù
Un numero spropositato di siti web e blog afferma ingiustificatamente che Gesù non è mai esistito. Gli studiosi della Bibbia e gli storici, che hanno esaminato questo problema in modo dettagliato, sono quasi unanimi nel rifiutare questo punto di vista, senza contare le loro prospettive teologiche o ideologiche. Una dozzina o più di riferimenti a Gesù appaiono in fonti non cristiane ma ebree, greche e romane nei primi secoli dell’Era Comune (cioè approssimativamente dalla nascita di Cristo in avanti, quando la Cristianità e il Giudaismo hanno cominciato ad accavallarsi cronologicamente). Questi riferimenti appaiono in autori diversi come Giuseppe Flavio (uno storico ebreo del primo secolo), in molte parti del Talmud (una raccolta enciclopedica delle tradizioni rabbiniche codificate dal quarto al sesto secolo), negli scrittori greci Luciano di Samosata e Mara Serapion, e negli storici Romani Tallo, Tacito, Plinio e Svetonio. Tacito, per esempio, nei primi anni del secondo secolo, scrive nei suoi Annali riguardo alle persecuzioni dei Cristiani ad opera di Nerone e spiega: “Il fondatore di questo nome, Cristo, era stato giustiziato durante il regno di Tiberio dal Procuratore Ponzio Pilato” (44:3). Il Talmud riconosce ripetutamente che Gesù ha fatto dei miracoli, ma si riferisce a lui come una persona che “praticava la magia e ha condotto Israele sulla strada sbagliata” (b. Sanh. 43a; cf. t. Shab. 11.15, b. Shab. 104b). Giuseppe Flavio, nel tardo primo secolo, chiamava Gesù “un uomo saggio”, “un artefice di prodezze”, “un insegnante” e “accusato dai nostri governati [che] lo condannarono alla croce”(Ant.18.3.3).
Naturalmente, sarebbe pregiudizievole storicamente escludere in modo automatico tutte le prove cristiane, come se nessuno di coloro che sono diventati seguaci di Gesù avesse potuto poi raccontare accuratamente la sua vita e i suoi insegnamenti, o credere che tutto ciò che non è prova cristiana sia necessariamente più “oggettiva”. Tuttavia, anche usando soltanto le fonti non cristiane, ci sono prove numerose che confermano i principali contorni delle prime affermazioni Cristiane: Gesù era un ebreo che viveva in Israele durante la terza parte del primo secolo, era nato fuori dal vincolo matrimoniale, aveva incrociato la vita e il ministero di Giovanni Battista, attraeva le folle a causa delle sue prodezze, aveva un gruppo di discepoli particolarmente vicini (di cui se ne fanno cinque nomi), aveva discusso con le autorità religiose ebraiche a causa del suo modo di insegnare,a volte accusato per questo di eresia o blasfemia, era stato crocefisso durante il governo della Giudea da parte di Ponzio Pilato (26-36 E.C. – Era Cristiana) e molti dei suoi seguaci credevano che fosse il Messia, il liberatore di Israele. Questo modo di pensare non è scomparso nonostante la morte di Gesù perché un numero di suoi sostenitori ha affermato di averlo visto risorgere dai morti. I suoi discepoli, quindi, hanno continuato a crescere di numero, riunendosi regolarmente per adorare, istruire e perfino per cantare inni per lui, come se si trattasse di un dio (o Dio).[3]
Prove storiche dell’esistenza di Gesù
Le informazioni storiche di gran lunga più importanti su Gesù di Nazareth appaiono nei quattro Vangeli del Nuovo Testamento, ma cronologicamente, questi non sono i primi documenti cristiani ancora esistenti. Anche gli studiosi più conservatori riconoscono che i Vangeli non sono stati scritti prima degli anni 60, mentre Gesù è stato crocifisso nel 30/33 E.C. La maggior parte delle indiscusse lettere di San Paolo, tuttavia, sono state scritte al più tardi negli anni 50. Queste includono: Romani, prima e seconda lettera ai Corinzi, Galatiani, la prima ai Tessalonicesi e Filemone, quindi quando sono riportati i prodigi e le parole di Gesù, non possono semplicemente seguire uno o più dei Vangeli scritti per ricavarne informazioni. Piuttosto, devono rispecchiare la tradizione orale che conservava questi dettagli prima dei resoconti scritti. La lettera di San Giacomo contengono circa tre dozzine di probabili allusioni agli insegnamenti di Gesù, specialmente i suoi Sermoni sulla Montagna, e potrebbero essere datate già alla metà degli anni 40.[4]
Dato che questo è più discutibile, ci limiteremo a concentrarci sulle lettere di San Paolo menzionate in precedenza, prima di dedicarci ai Vangeli.
L’Apostolo Paolo
I lettori delle Lettere di San Paolo, a volte, si chiedono per quale motivo non si riferisca agli insegnamenti e ai miracoli di Gesù più di quello che abbia fatto. Senza dubbio ci sono alcuni fattori che spiegano questo silenzio. Prima di tutto, San Paolo scrive a chiese Cristiane che hanno già ascoltato parecchi dettagli su Gesù. Secondo, tratta con priorità i temi specifici delle situazioni in corso in quelle congreghe. Terzo, il genere epistolare non era pensato per raccontare di nuovo la storia della vita di Cristo. Le lettere di San Giovanni, scritte probabilmente dallo stesso autore del Vangelo di San Giovanni, si riferiscono a mala pena alle parole specifiche e agli eventi della vita di Gesù, anche se l’autore stesso le ha descritte dettagliatamente. Infine, i Cristiani hanno riconosciuto che le caratteristiche più importanti della vita di Gesù sono la sua crocifissione e la sua resurrezione, e San Paolo ha molto da dire a questo proposito nelle sue lettere. Comunque è facile sottovalutare la quantità di citazioni e allusioni alla tradizione di Gesù nelle epistole di San Paolo, perché gli scrittori antichi si sono sentiti liberi di rappresentare il succo dell’insegnamento di un’altra persona con parole loro. Infatti, in alcuni ambienti, la buona retorica richiedeva proprio questo.[5]
San Paolo conosceva chiaramente i contorni base della vita di Gesù: Quello che Paolo sembra sapere su Gesù è che era nato come essere umano (Romani 9:5) da una donna, nella legge, cioè come Giudeo (Gal 4:4), che discendeva dalla linea di David (Romani 1:3; 15:12), sebbene non fosse come Adamo (Romani 5:15), che aveva fratelli, incluso uno chiamato Giacomo (I Corinzi 9:5; Gal. 1:9), che aveva cenato la sera in cui era stato tradito (I Corinzi 1:23-25), che era stato crocifisso e morto sulla croce (Filippesi 2:8; I Corinzi 1:23; 8:11; 15:3; Romani 4:25, 5:6, 8:1; 1 Tessalonicesi 2:15; 4:14 ecc), era stato sepolto (I Corinzi 15:4) ed era resuscitato tre giorni dopo (I Corinzi 15:4; Romani 4:25, 8:34; I Tessalonicesi 4:14, ecc.) e che in seguito era stato visto dallo stesso Pietro, dai discepoli e da altre persone (I Corinzi 15:5-7).[6] In modo più significativo, conosce insegnamenti molto specifici di Gesù su una ampia scala di argomenti. La lettera a I Corinzi 11:23-25 cita le parole di Gesù quando spezza il pane e beve dal calice nell’Ultima Cena dettagliatamente con un linguaggio molto simile a quello che Luca ha scritto dopo, nel Vangelo di San Luca 22:19-20. Nella stessa lettera, in precedenza, Paolo si appella al principio di Gesù secondo cui coloro che predicano il Vangelo ne ricaveranno per vivere (I Corinzi 9:14; cfr. Luca 10:7; Matteo 10:10). Sa che Gesù era contrario al divorzio (I Corinzi 7:10; cfr. Marco 10:2-12), ma che sosteneva il pagamento delle tasse (Romani 13:7; cfr. Marco 12:17). Non insegnava a ripagare il male con il male, ma piuttosto ad amare i propri nemici e pregare per i propri persecutori (Romani 12:14; 17-19; cfr. Luca 6:27-28, 36; Matteo 5:38) e a non giudicare, ma a tollerare gli altri sulle questioni morali neutre (Romani 14:13; cfr. Matteo 7:1; Luca 6:37). Paolo capisce che Gesù ha dichiarato che tutto il cibo è puro (Romani 14:14; cfr. Marco 7:18-19), che avvertiva dell’imminente Giudizio sul governo della nazione di Israele (I Tessalonicesi 2:15-16; cfr. Matteo 23:32-36), e che predicava numerosi eventi specifichi collegati con il suo ritorno alla fine del mondo (I Tessalonicesi 4:15-17; 5:2-6; vedi il discorso di Cristo sul Monte degli Ulivi in Matteo 24-25).
Questi sono i riferimenti più chiari agli insegnamenti di Gesù nelle lettere di San Paolo. Potrebbe essere compilata una lista di allusioni molto più lunga.[7]
Di conseguenza, non è abbastanza dire che Paolo conosceva poco o niente sull’esistenza storica di Gesù o che aveva distorto la sua visione di Gesù per diventare, con intenzione e di proposito, il vero fondatore della Cristianità. Tuttavia possiamo spingerci più avanti. Nel dibattito più dettagliato sulla resurrezione di Gesù, Paolo scrive: “Adesso, fratelli e sorelle, voglio ricordarvi del Vangelo che vi ho predicato, che avete ricevuto e per cui avete testimoniato…. Perché ciò che ho ricevuto, ve l’ho trasmesso come una cosa di primaria importanza [o “per prima cosa”]: che Cristo è morto per i nostri peccati secondo le Scritture, che è stato sepolto, e il terzo giorno è resuscitato secondo le Scritture, e che è apparso a Cefa [cioè Pietro] e poi ai Dodici. Dopo di che è apparso a più di cinquecento dei fratelli e sorelle…” (I Corinzi 15:1, 3-6a).[8]
I modi di dire “ricevere” e “trasmettere” qui usati sono linguaggio tecnico per la tradizione orale memorizzata con cura. Come afferma la dottrina Cristiana centrale, Saul di Tarso (che conosciamo meglio come Paolo) avrebbe imparato i fatti basilari del Vangelo poco dopo la sua conversione, che ha avuto luogo circa tre anni dopo la morte di Gesù. Già durante quel breve periodo di tempo, credere che Gesù fosse resuscitato dalla morte era consolidato come il cuore dell’insegnamento fondamentale che i nuovi convertiti dovevano imparare. Lo sviluppo evolutivo di un mito o di una leggenda non poteva essere scritto decenni dopo che i fatti reali della vita di Gesù erano trascorsi.[9]
I Vangeli del Nuovo Testamento
Nonostante le prove confermate al di fuori dai Vangeli del Nuovo Testamento, la maggior parte delle prove a carico dell’esistenza di Gesù provengono dai tre Vangeli Sinottici (così chiamati perché sono molto simili e possono essere messi l’uno accanto all’altro parallelamente per un confronto tra di loro) e il Vangelo di Giovanni, che è molto diverso più che simile a qualsiasi altro dei Sinottici.
I sinottici: Matteo, Marco e Luca
Le varie “ricerche di un Gesù storico”, che sono state così influenti negli ultimi secoli di studi sul Nuovo Testamento, si sono concentrate soprattutto sui tre Vangeli Sinottici. Il risultato di queste ricerche è stato che un campione rilevante di studi attuali crede che, almeno i contorni chiari e le questioni centrali comuni a Matteo, Marco e Luca, siano probabilmente attendibili storicamente. Questi temi centrali includono alcune caratteristiche come le seguenti: Gesù era un insegnante Giudeo che era stato cresciuto come falegname, ma che aveva cominciato il pubblico ministero quando aveva raggiunto circa trent’anni. Si era sottoposto al battesimo di Giovanni, aveva annunciato sia le dimensioni presenti che quelle future del regno di Dio sulla terra, dava a coloro che lo ascoltavano ordini etici basati sull’amore, insegnava usando parabole, aveva sfidato le interpretazioni convenzionali della legge ebraica su numerosi fronti, ma non aveva mai infranto (o insegnato ad infrangere) la Legge scritta, esercitava segnali sorprendenti e miracoli per dimostrare l’arrivo del regno, implicitamente od esplicitamente aveva affermato di essere il Messia o liberatore del popolo ebraico soltanto perché diventassero suoi seguaci, e credeva di dover soffrire e morire per i peccati del mondo, di resuscitare dai morti e di tornare al suo trono celeste accanto a Dio, per tornare sulla terra in un momento imprecisato del futuro per accompagnare il Giorno del Giudizio. Chiamava le persone a pentirsi dei propri peccati e aveva formato il nucleo del nuovo, vero e libero popolo di Dio guidato dai suoi dodici apostoli.[10] Ci sono un numero di fattori che confluiscono e che fanno ritenere probabile che un ritratto relativamente vicino a questo può essere visto anche corretto storicamente.
Fonti e date
Molti studiosi conservatori presentano argomentazioni plausibili per l’accettazione delle prime attribuzioni unanimi della chiesa di questi tre documenti. Marco è un personaggio minore sulle pagine del Nuovo Testamento, probabilmente conosciuto meglio per aver abbandonato Paolo e Barnaba nel deserto durante il loro primo viaggio missionario per un motivo che non ci è mai stato detto (Atti 13:13; 15:37-38). Non sarebbe stato una persona a cui dedicare un Vangelo se non lo avesse veramente scritto lui, con molti altri Cristiani della prima generazione più prominenti e rispettati da avere una tale attribuzione. Lo stesso vale per Luca, che era l’adorato dottore di Paolo, ma che appare per nome soltanto tre volte nel Nuovo Testamento, in ogni caso nascosto nei saluti alla fine di una lettera (Col. 4:14, II Timoteo 4:1; Filemone 24). Matteo, invece, era uno dei dodici Apostoli – il seguace più vicino a Gesù durante la sua vita – ma, esattore delle tasse convertito (Matteo 9:9-13), il suo background avrebbe potuto renderlo il meno stimato dei Dodici!
Molti studiosi liberali del Nuovo Testamento, tuttavia, dubitano che Matteo, Marco e Luca abbiano scritto i Vangeli ammettendo il proprio nome, ma quasi tutti sono d’accordo che sono stati scritti durante il primo secolo da Cristiani ortodossi nella sfera della Cristianità apostolica. Le date tipicamente proposte collocano Marco nel tardo 60 o primi del 70, Matteo e Luca nell’80. I conservatori, accettando la testimonianza dei Padri della Chiesa riguardo alla composizione di questi tre Vangeli, li datano tutti e tre all’inizio o alla metà del 60. Considerando tutte le datazioni, stiamo parlando, tuttavia, di documenti compilati circa cinquant’anni o poco meno dopo gli eventi che vi sono narrati. Nella nostra era di accesso alle informazioni istantaneo, potrà sembrare un periodo lungo, ma per l’antico mondo del Mediterraneo si tratta di un periodo sorprendentemente breve. Le più antiche biografie esistenti di Alessandro il Grande, per esempio, sono quelle di Plutarco e Arriano, del tardo primo secolo e inizio del secondo E.C. Tuttavia Alessandro è morto nel 323 a.E.C. (prima dell’Era Cristiana). Gli storici classici, comunque, credono di poter ricavare informazioni attendibili da queste opere, per ricostruire con qualche dettaglio le imprese di Alessandro. Questo è vero nonostante vari problemi riguardo all’armonizzare le due fonti ed alcuni reticoli ideologici con cui l’autore ha filtrato queste informazioni.[11]
Le parole scritte quasi mezzo secolo fa dallo storico inglese dell’antica Grecia e Roma, A. N. Sherwin-Whiten, sono applicabili oggi come allora, “E’ sorprendente che, mentre gli storici greco-romani hanno cominciato ad avere fiducia in se stessi, lo studio del ventesimo secolo sui Vangeli, che ha avuto inizio da materiale molto meno incoraggiante, abbia preso una svolta senza speranza… che [per qualcuno] l’esistenza storica di Cristo sia sconosciuta e che la storia della sua missione non possa essere scritta.”[12] Questa poca speranza dovrebbe essere sostituita con un punto di vista più ottimistico.
Genere Letterario
Un secondo problema è il genere del Vangelo. Gli scrittori dei Vangeli Sinottici intendevano produrre un’opera che sarebbe stata accolta come storia e biografia reale dalle convenzioni del loro tempo? Le prove suggeriscono di sì. L’esempio più chiaro di ciò che i tre pensavano di fare appare in Luca 1:1-4: Molti si sono impegnati a formare una considerazione sulle cose che si sono compiute tra noi, come se fossero state tramandate a noi da coloro che sono stati i primi testimoni oculari e servitori del mondo. Tenendo a mente questo, visto che io stesso ho indagato a fondo su tutto dall’inizio, anche io ho deciso di scrivere una considerazione ordinata per te, mio stimato Teofilo, in modo che anche tu possa conoscere la certezza delle cose che ti hanno insegnato.
Una lettura attenta di questo prologo dimostra che (1) Luca era consapevole di ciò che era stato scritto in precedenza per documentare aspetti della vita di Cristo; (2) ha intervistato testimoni oculari del ministero di Gesù, con le informazioni aggiuntive date da altri attraverso la tradizione orale; e (3) ha fatto la sua scelta e ha adattato il materiale per persuadere al meglio il suo protettore, Teofilo, della validità della fede Cristiana. Questi sono esattamente il tipo di dettagli che si trovano, a volte anche con lo stesso linguaggio, nei lunghi prologhi dei volumi di quell’epoca che, in genere, sono considerati le opere storiche più attendibili prodotte allora – specialmente le storie dell’autore ebreo Josephus e dello scrittore greco Erodoto, Tucidide, Polibius e Luciano.[13]
Analogie ancora più simili appaiono nella “prosa tecnica” o “letteratura scientifica” greco-romana, inclusi trattati su argomenti come la medicina, la filosofia, la matematica, l’ingegneria e la retorica.[14] Questo dimostra un richiamo diverso dai generi di letteratura fittizia a cui spesso gli scettici moderni vogliono far appartenere i Vangeli.
Naturalmente, un intento storico non esprime in maniera soddisfacente in nessun modo la realizzazione dei propri obiettivi. Infatti, ci sono tre domande che richiedono una risposta a questo punto della nostra ricerca. (1) Gli autori dei Vangelo, quanto hanno voluto conservare in maniera accurata i dettagli storici? (2) Qual era la loro competenza al riguardo? (3) Quanto successo hanno avuto i loro sforzi? Riguardo alla prima domanda, spesso si afferma che chi ha scritto i Vangeli non sarebbe stato interessato a conservare meticolosamente i dettagli. A volte questa conclusione è basata sulla convinzione che le parole dette dal Dio Asceso attraverso i primi profeti Cristiani sono state mischiate con quelle dette da Gesù. In altri periodi invece si è asserito che una corrente che pensava che il mondo potesse finire in qualsiasi momento, non avrebbe avuto nessun motivo di fare la cronaca della vita di Gesù accuratamente. In altre occasioni, critici lamentavano che un asse ideologico (in questo caso teologico) per produrre qualcosa con impegno, necessariamente devia dall’abilità di raccontare eventi oggettivi. Esaminiamo queste obiezioni una per volta.
Intento dell’autore
È vero che nella cultura greco-romana del primo secolo, quelli che sarebbero diventati poi profeti, talvolta non sentivano il bisogno di distinguere tra le parole di un grande eroe durante la sua esistenza e i suoi successivi oracoli ai propri seguaci, parlando (si credeva) dalla tomba. Nella tradizione ebrea però si preservavano con cura i nomi dei rabbini a cui erano attribuiti famosi insegnamenti e, se le informazioni erano andate perdute anche se le parole sopravvivevano al loro autore, le attribuzioni rimanevano anonime. Nel Nuovo Testamento, solo tre esempi espliciti delle parole di un profeta (Atti 11:28; 21:10-11; Rev.2:1-2:22) sono chiaramente distinguibili dalle parole di Gesù. Inoltre, Paolo insisteva che le manifestazioni provate del dono della profezia dovevano essere valutate dai Cristiani che erano presenti (I Corinzi 14:29). Dai giorni del Vecchio Testamento, uno dei criteri importanti per valutare le parole credute divine era quello di esaminare se erano coerenti con rivelazioni precedenti. Allora, anche se alcuni degli insegnamenti del Vangelo provengono dai profeti tardo Cristiani piuttosto che da Gesù, il ritratto generale dei suoi insegnamenti non avrebbe potuto essere alterato materialmente.[15] L’argomentazione su molti Cristiani che stanno aspettando l’imminente fine del mondo, a prima vista, sembra più sostanziale. Le lettere ai Tessalonicesi mostrano come Paolo abbia percorso un terreno insidioso affermando che Cristo sarebbe presto tornato, anche se c’erano ancora altri segnali della fine che dovevano presentarsi. Questo non è tuttavia un problema nuovo per i seguaci di Gesù. Gli ebrei, dai primi profeti scrittori nel VII secolo a.E.C in poi, hanno dovuto combattere con la dichiarazione dei portavoce di Dio che il Giorno del Signore era vicino in molti modi diversi (es. Gioele 2:1; Abdia 15; Abacuc 2:3), e nonostante tutto i secoli continuavano a passare. La soluzione più comune che il Giudaismo Pre-Cristiano ha adottato per questo dilemma, era quella di citare il Salmo 90:4: “Per mille anni sono ai tuoi occhi come il giorno di ieri che è passato, come un turno di guardia di notte.” Il secondo Pietro 3:8 mostra che la Cristianità del Nuovo Testamento ha adottato la stessa strategia, il ritardo del ritorno di Cristo non era probabilmente né un problema logorante né la crisi storica che qualcuno ha asserito. Inoltre gli ebrei Esseni responsabili dell’insediamento antico sul Mar Morto a Qumran, vivevano credendo di vedere eventi che riguardavano la fine del mondo, ma nonostante questo hanno prodotto una letteratura prodigiosa, incluso le informazioni che ci hanno permesso di fare una cronaca della storia delle loro migrazioni. E’ difficile che i primi Cristiani si siano comportati in modo diverso.[16]
E allora l’accusa che un progetto ideologico abbia necessariamente influenzato in modo negativo gli autori del Vangelo e non li ha permesso di scrivere una storia oggettiva? Sicuramente i pregiudizi ideologici possono creare revisionismo storico: a testimonianza di questo l’annotazione su Gesù Cristo nella vecchia Enciclopedia Sovietica che l’ha etichettato come il fondatore mitologico della Cristianità.[17]
In tempi più recenti, il presidente dell’Iran, chiaramente anti-semita, Mahmoud Ahmadinejad, ha messo in discussione l’esistenza dell’Olocausto, nonostante ci siano stanze piene di raccolta di materiale che ne attestano la verità. I seguaci di Gesù hanno fatto qualcosa di simile, cambiando il suo essere un semplice profeta ebraico in un Dio Cristiano cosmico?[18] Non credo. Dopo tutto, a volte la persona puramente ideologica vuole promuovere attestazioni storiche. I sopravvissuti all’Olocausto, come la maggior parte degli storici ebrei, erano molto preoccupati che nessun genocidio simile fosse ancora perpetuato nei confronti del loro popolo (o qualsiasi altro popolo) e per questo motivo hanno scritto la cronaca scrupolosa di atrocità dopo atrocità. I Cristiani del primo secolo hanno affermato che Dio aveva agito nella vita, morte e resurrezione di Gesù di Nazareth per fornire un’espiazione ai peccati dell’umanità, la riconciliazione tra coloro che sono poi diventati suoi seguaci e Jehovah, il Dio degli Israeliani, e la possibilità di una vita eterna in un universo ricreato e perfezionato in futuro. Se gli oppositori alla Cristianità fossero stati capaci di mostrare che gli elementi centrali del Nuovo Testamento non erano simili ai fatti veri sulla vita di Gesù, questa religione appena nata sarebbe crollata immediatamente. Oppure, come Paolo afferma in maniera semplice, “Se Cristo non fosse resuscitato, vana è la vostra fede; voi siete ancora nei vostri peccati.”(I Corinzi 15:17). Ricapitolando, gli scrittori del Vangelo avevano motivo di voler preservare una storia corretta.
Metodi di Composizione
Erano in grado di farlo? Anche se, per gli standard antichi, una tradizione orale di trent’anni era breve, essa lascia molto tempo perché si insinui la distorsione, forse anche non voluta e nemmeno notata. Possiamo seriamente credere che i documenti scritti non prima del 60 fanno un resoconto accurato delle azioni e degli insegnamenti di Gesù degli ultimi anni del 20 e primi del 30? Sì, come si rivelerà andando avanti. Gli ebrei antichi affilarono l’arte della memoria fino a un limite straordinario. Alcuni rabbini sapevano a memoria le intere Scritture Ebraiche. Alcuni sapevano anche qualche passo della Torah orale (la legge orale). (Per coloro per cui sarà difficile credere a queste informazioni, il famoso scrittore ebreo del XX secolo Chaim Potokm, era solito affermare di aver sentito gli stessi fatti nel metodo di apprendimento degli studenti ebrei ortodossi nei Yeshiva di New York City). Un autore, che ha recentemente scritto una nuova copia della Torah, ha spesso chiesto consiglio ad un rabbino molto dotato e venerato che ha corretto la bozza del libro controllandola con quello che sapeva a memoria!
Questi non erano i soli fatti prodigiosi degli ebrei nell’antico mondo Mediterraneo. Gli scolari greci (e, sfortunatamente, con alcune rare eccezioni, si trattava soltanto di ragazzini della scuola nel contesto ebraico e cristiano) a volte si imparavano a memoria o l’Iliade o l’Odissea – i poemi epici di Omero che erano come una Scrittura nel circoli greci – che contenevano grosso modo 100.000 parole. Com’era possibile imparare queste cose a memoria? Prima di tutto, si trattava di una cultura orale e quindi non dipendeva dai mezzi di stampa che dominano il nostro mondo moderno. In secondo luogo, la tecnica di educazione usata nelle scuole era la memorizzazione meccanica. Gli ebrei avevano persino una tradizione secondo cui fino a che una persona non aveva imparato un passaggio della Torah a memoria, non poteva parlarne, forse per non rappresentarla in modo sbagliato. Terzo, nei circoli ebrei, la “Bibbia” era il solo argomento che gli studenti studiavano durante l’educazione elementare quasi obbligatoria, che andava dall’età dei cinque anni ai dodici, tredici, e aveva luogo nei posti in cui c’erano abbastanza comunità ebraiche da avere una sinagoga. Quarto, la memorizzazione iniziava nei primi momenti della vita, quando è più semplice padroneggiare grandi quantità di concetti. Quinto, spesso i testi erano cantati o cantilenati, le melodie aiutavano a ricordare le parole come accade anche con la musica contemporanea. Infine, una varietà di altri stratagemmi mnemonici erano contenuti nei testi che erano studiati così intensamente, specialmente nelle Scritture Ebraiche dove c’erano molte forme di parallelismo tra le linee, couplet, e anche unità di pensiero più lunghe. [19] In questo tipo di ambiente, ricordare e trasmettere il materiale che si trovava in un Vangelo sarebbe stato molto semplice.
Allo stesso tempo, la sola memorizzazione non può essere l’unico fattore che si trova dietro la trasmissione della tradizione del Vangelo. Se lo fosse, non ci sarebbero quattro Vangeli diversi, oppure, essi non varierebbero nel modo preciso in cui lo fanno. Da tempo è stato riconosciuto che i Vangeli Sinottici quasi sicuramente rispecchiano una specie di rapporto letterario tra di loro, cioè uno o più di uno di questi tre documenti utilizzano una o più fonti comuni agli altri. Soltanto in questo modo possiamo considerare l’estensivo parallelismo delle parole tra resoconti paralleli dello stesso evento frammezzati da materiale stranamente non parallelo o appena. Alcuni studiosi conservatori hanno parlato d’indipendenza completa, lasciando l’ispirazione divina a tenere conto della combinazione di similarità e differenze, ma questo disdegna la testimonianza di Luca 1:1-4 (già citato in precedenza) e le pratiche standard ebraiche e greco-romane di scrivere la storia e la biografia. La maggior parte degli studiosi del Vangelo, quindi, crede che, almeno nella forma di cui siamo in possesso, (1) il primo è stato Marco, (2) Matteo e Luca, in modo indipendente, dipendevano da Marco e (3) Matteo e Luca hanno utilizzato fonti aggiuntive, sia scritte che orali. Una di queste poteva essere anche una fonte comune, principalmente le parole di Gesù, a cui avevano accesso entrambi, considerando i 250 versi approssimativi che sono comuni in questi due Vangeli, ma non si trovano in quello di Marco. Questa ipotetica fonte è stata chiamata Q (dalla parola tedesca Quelle per fonte).[20]
A questo punto, entra in gioco un altro fattore, che le ricerche recenti hanno esaminato in modo particolare. Prima che un testo diventasse “canonico” – sacro e autoritario nella forma scritta – le tradizioni rispettate nelle antiche culture del Mediterraneo erano trasmesse oralmente con una certa flessibilità, sempre entro limitazioni fisse. Anche nel tardo XX secolo, le comunità che già sapevano leggere e scrivere o erano semiletterate, o gruppi di popolazioni in luoghi diversi come Africa, gli stati dei Balcani, Libano e la Palestina nominavano “tradenti” legalizzati – cantastorie (o cantanti) che erano responsabili di provare e eseguire le tradizioni sacre di quel popolo. Questo ha permesso la selezione di alcuni episodi e porzioni di episodio inclusi abbreviazioni, spiegazioni e parafrasi, in parte perché il cantastorie dimostrasse le sue abilità artistiche, in parte per tenere vivo l’interesse del pubblico. Allo stesso tempo, dal 60 al 90% delle informazioni rimanevano invariate, incluso tutti gli elementi ritenuti necessari per le lezioni sulle storie che dovevano rimanere intatti. I “tradenti” che saltavano o distorcevano un qualsiasi elemento, erano interrotti e corretti da quelli del pubblico che riconoscevano l’errore.[21]
Adesso torniamo ai Vangeli Sinottici, prendiamo i passaggi che appaiono in almeno due di questi tre libri, cioè limitiamoci a considerare quello gli autori dei Vangeli assegnano allo stesso tempo e/o luogo, che non può essere respinti dicendo che Gesù stava semplicemente facendo due cose simili per due volte o insegnando la stessa dottrina in contesti diversi. Contiamo le parole che sono identiche in greco in descrizioni parallele. Raramente troveremo il 10% o poco più del 40% di parole diverse! Ciò che è stato chiamato “tradizione orale controllata informale”[22] è stata di sicuro in opera nella produzione dei Vangeli Sinottici, e non soltanto memorizzazione delle parole e dipendenza letterale dalle fonti scritte in precedenza. Questo tipo di tradizione non produce riproduzione di parole minori, ma è vero è che i dettagli che fanno la storia o un insegnamento sono come li intendeva l’autore. Non dobbiamo osare di sottovalutare il potere della comunità in una cultura che non dava valore all’individualismo come facciamo noi. Bart Ehrman paragonava la trasmissione orale del Vangelo al gioco del telefono[23] dei bambini, in cui un lungo e complesso messaggio è sussurrato ad un bambino che ha la responsabilità di sussurrare al bambino che gli si trova accanto ciò che crede che sia il messaggio, e così via. Dopo che questa “tradizione” è trasmessa al numero dei partecipanti, anche nel giro di pochi minuti, l’ultimo bambino che dice ad alta voce l’ultima versione del messaggio solitamente fa scoppiare tutti dal ridere perché il messaggio è stato deformato. Ehrman, tuttavia, non poteva scegliere un’analogia più inappropriata di questa. Le tradizioni del Vangelo non erano sussurrate, ma proclamate pubblicamente, non a bambini, ma a adulti e alla presenza di “tradenti” ben informati o con controlli ed equilibri apostolici (vedi per esempio come funzionano Giovanni e Pietro negli Atti (.14-17). Infatti, un campo di ricerca in via di sviluppo nelle scienze sociali odierne sta esaminando come i “ricordi sociali” di molte subculture sono formati attraverso la ripetizione e l’interpretazione nella comunità, creando alcune forme fisse di tradizione orale che in altro modo non potrebbero crearsi.[24] Bailey, oltre a questa tendenza, ha anche dimostrato che a giocare al “telefono” con gruppi di studenti adulti del centro Europa non sono prodotti messaggi distorti, ma messaggi straordinariamente conservati come l’originale![25] Questo è esattamente quello che ci dovremmo aspettare dai Vangeli, data la cultura in cui si sono formati.
Contraddizioni apparenti
La prima generazione cristiana, quindi, aveva molte ragioni per voler preservare le informazioni corrette su Gesù. Certamente possedevano l’abilità per farlo, ma sono riusciti a raggiungere i loro obiettivi? L’ostacolo principale per affermare che ci sono riusciti coinvolge le contraddizioni apparenti tra resoconti paralleli di episodi sulla vita di Cristo. Purtroppo lo spazio non ci permette di osservare una lista esauriente di questi apparenti problemi,[26] ma la maggior parte di essi ricadono in categorie prevedibili. Il gruppo più ampio rispecchia semplicemente le variazioni naturali nel racconto e nella scrittura che caratterizzano alcune descrizioni parzialmente indipendenti dello stesso evento, senza mettere in dubbio l’evento storico in sé. Molti riguardano inclusioni (o omissioni) di quei dettagli più rilevanti (o irrilevanti) dello scopo di un autore di un dato Vangelo, in particolare la sua enfasi teologica. Soltanto raramente questo crea una grande differenza tra due parallelismi, ma chiunque può comprendere come entrambe le prospettive siano reali. Per esempio, i discepoli stavano ancora fraintendendo Gesù a causa dei loro cuori insensibili anche dopo che li ha fatti camminare sull’acqua del Lago di Galilea (Marco 6:52) o lo hanno adorato e chiamato Figlio di Dio (Matteo 14:33)? Ci vuole poca immaginazione a mettersi nella loro posizione e vedere come atti di adorazione e acclamazione, senza una completa comprensione o il cuore enfatico, sarebbero stati una reazione naturale. E una volta che si è imparato che i fallimenti dei discepoli e le incomprensioni sono ricorrenti in Marco, mentre Matteo tende a riportare più spesso i loro momenti di grande fede e adorazione, si può capire perché ogni autore ha scelto di narrare i fatti nel modo in cui l’ha fatto. Una delle contraddizioni apparentemente più grande riguarda semplicemente le convenzioni diverse per riportare gli eventi nel mondo antico. È stato il centurione stesso a chiedere a Gesù di guarire il suo servo (Matteo 8:5-9) oppure ha mandato i suoi amici (Luca 7:1-8)? Presumibilmente quest’ultimo, perché era naturale parlare di qualcuno che ha fatto qualcosa anche se letteralmente è accaduto attraverso rappresentanti designati. La stessa cosa vale in contesti più moderni come, per esempio, quando l’addetta stampa legge ai media chi ha composto il discorso, mentre i notiziari affermano che “il Presidente oggi ha detto che….” Iairo va a chiedere a Gesù di salvare sua figlia mentre la ragazza è ancora in vita soltanto per scoprire dopo che è già morta (Marco 5:22-23, 35) oppure ci va dopo la sua morte (Matteo 9:18)? Poiché di regola Matteo abbrevia i racconti più lunghi di Marco, lo ha probabilmente fatto anche qui, e Marco ci dà i dettagli completi e più corretti. Anche se Matteo non soddisfa gli standard scientifici moderni della precisione, non è giusto imporre questi standard nel mondo del primo secolo che non li ha ancora inventati. Nessuna delle differenze poi influenza il punto della storia, che è la miracolosa resurrezione della ragazza.
Per alcuni motivi, una delle più famose accuse di contraddizione tra i parallelismi dei Vangeli riguarda l’identità di quegli individui visti dalle donne che sono andate alla tomba di Gesù la domenica mattina presto, che noi celebriamo come Pasqua. Marco 16:5 afferma che vedono un giovane uomo in vestito di bianco, Matteo 28:2-3 invece parla di un angelo vestito bianco come la neve, mentre Luca 24:4 parla di due uomini con vesti abbaglianti. Visto che gli angeli sono di regola descritti come uomini nella Bibbia, non c’è motivo che Marco o Luca abbiano bisogno di menzionare esplicitamente che erano presenti degli angeli. Riguardo al loro numero, se fossero due non è incorretto dire che le donne hanno visto un uomo che ha parlato con loro, specialmente se uno era il portavoce. Soltanto se Marco o Matteo avessero detto che le donne avevano visto una persona da sola ci sarebbe stata una vera contraddizione.[27]
Ehrman descrive il suo pellegrinaggio personale quando, dopo aver scritto una dissertazione all’università cercando di armonizzare il riferimento di Marco a Abiathar come il sacerdote più alto in grado nella descrizione di David che mangia il pane sacro (Marco 2:26) con la frase del Vecchio Testamento che afferma che era Ahimelec (1 Sam. 21:1 più avanti ), il suo professore gli ha chiesto perché non poteva semplicemente ammettere che Marco aveva fatto un errore. E’ stato questo, afferma Ehrman, che gli aveva aperto le porte per riconoscere la Bibbia come nient’altro che un libro umano pieno di errori.[28]
Ironicamente, questo modo di affrontare le cose “tutto o niente” è esattamente ciò su cui gli ultra conservatori hanno (illogicamente) insistito. Nessuno storico di qualsiasi altro documento antico, tuttavia, opera in questo modo, un documento che è stato dimostrato affidabile non è screditato improvvisamente per un errore dimostrabile. Allo stesso tempo, non è per niente chiaro se Marco ha davvero commesso un errore. L’espressione che usa in greco è molto insolita se voleva indicare il tempo, poiché è la preposizione “epi” che mette davanti al nome di Abiathar, che di solito significa “sopra, su, vicino, verso” o una delle parole che denota la collocazione.[29]
In Marco 12:26, però, quando la stessa identica frase appare nel contesto di Gesù che racconta la storia di Mosè e il rovo incendiato, la maggior parte delle traduzioni trasforma il greco “nel passaggio” o “nel terreno” del cespuglio. Probabilmente, nel versetto 2:26 Marco intendeva, allo stesso modo, che Gesù fosse capito rimandando al passaggio di Abiatar. Naturalmente, questo ha portato all’obiezione ulteriore che Abiatar non appare nel I Samuele fino al capitolo 22, ma l’antico giudaismo divideva le Scritture in “passaggi” secondo quanto era letto ogni settimana nelle sinagoghe per terminare tutta la Legge ogni anno e tutto il resto del Vecchio Testamento una volta ogni tre anni. Questo richiedeva che alcuni capitoli fossero raggruppati insieme come “passaggio” la maggior parte delle volte. Inoltre, sappiamo che ad ogni passaggio veniva dato un breve titolo, spesso basato sul nome del carattere principale, e soprattutto Abiatar era una figura meglio conosciuta di Achimelec. Non sarebbe quindi strano se l’estensione di alcuni capitoli del I Samuele fosse stata chiamata “Abiatar”. Non lo possiamo provare ma è plausibile abbastanza tanto che non dobbiamo presupporre che Marco abbia fatto un errore.[30]
Potremo continuare a fornire molti esempi simili a questi che abbiamo brevemente trattato. Alcune delle soluzioni proposte sembrano più persuasive di altre, alcune discrepanze apparenti hanno più di una soluzione, e interpreti diversi potrebbero optare per proposte diverse come più plausibili. Ogni tanto ci si trova davanti ad un problema in cui nessuna delle soluzioni proposte sembra essere libera da difficoltà. In questo frangente, molto dipende da quanto beneficio del dubbio si vuole dare agli scrittori del Vangelo. Completamente distante da ogni convinzione precedente su se un certo testo sia “ispirato” o meno, gli storici di solito cercano armonizzazioni credibili lungo linee simili come fanno quando incontrano testimonianze apparentemente contraddittorie tra gli scrittori antichi quando si sono stabiliti da un’altra parte come competenti e in posizione di essere “a conoscenza.”[31] E non è che i passaggi problematici siano una novità – i Cristiani ne sono stati consapevoli per due millenni. Sia Agostino nel V secolo e Calvino nel XVI hanno scritto commenti dettagliati sulle corrispondenze dei Vangeli e regolarmente si sono indirizzati ai testi che per gli scettici di oggi sono un problema. I commenti più conservatori contemporanei, insieme a monografie e articoli di studiosi, contengono soluzioni plausibili per ogni “errore” che i blog possono elencare. Le persone la cui fede è scossa facilmente come quella di Ehrman scoprendo un errore, stanno cercando un motivo per abbandonare la propria fede, piuttosto che impegnarsi in indagini storiche imparziali. Riassumendo, possiamo affermare che gli scrittori dei Vangeli Sinottici potrebbero aver voluto conservare una storia corretta, secondo gli standard dei loro giorni, che sono stati probabilmente capaci di farlo, e che la struttura globale della concordanza diffusa sugli essenziali contorni della vita e del ministero di Gesù insieme a una variazione di dettagli che dimostrano almeno alcune fonti indipendenti e “traenti” a cui si riferivano, rende molto probabile la composizione di documenti storici e biografici attendibili. Sicuramente non ci sono contraddizioni irrisolvibili.
Il Vangelo di Giovanni
E riguardo al Quarto Vangelo? Qui le differenze con i Vangeli Sinottici sembrano controbilanciare le similarità. Ci sono molti più passaggi in Giovanni che non trovano paralleli in Matteo, Marco o Luca. Giovanni non contiene parabole, esorcismi, e quasi nessun insegnamento sul regno, addirittura non parla del Battesimo di Gesù da parte di Giovanni o che Gesù aveva costituito l’Ultima Cena durante l’ultimo pasto della sua vita terrena con i suoi discepoli. D’altra parte, contiene due capitoli sul ministero di Gesù prima del periodo di maggiore notorietà con le folle galilee che dominano i Vangeli Sinottici (Giovanni 2-4). Durante quel periodo, si concentra soprattutto sui viaggi di Gesù a Gerusalemme durante le festività, che sono assenti nei Sinottici, le sue affermazioni e i conflitti che erano sorti con i vari capi ebrei, insieme al suo miracolo più spettacolare di tutti – la resurrezione di Lazzaro (Giovanni 5-11). Durante il suo ministero, il Gesù di Giovanni fa il riferimento più esplicito alla sua natura, implicando la sua divinità, di tutti i Vangeli canonici. Per questi motivi ed altri ad essi correlati, molti studiosi, inclusi quelli che credono alla storicità dei Sinottici, spesso sono scettici sull’adeguatezza storica di Giovanni, ma è giustificato tutto questo?
Considerazioni Generali
Per la storia della chiesa, la Cristianità ha semplicemente ritenuto che Giovanni, ultimo dei quattro Vangeli del Nuovo Testamento, non vedeva il bisogno di ripetere ciò che era stato scritto nei Sinottici e intendeva di integrare i loro resoconti. Tuttavia, all’inizio del XX secolo, nel periodo di splendore della critica alle fonti bibliche, gli studiosi hanno osservato che anche quando Giovanni e i Sinottici includono resoconti paralleli dello stesso evento, poche parole sono state esattamente ripetute, e questo ha fornito un risultato molto diverso del paragone tra i Vangeli Sinottici. A questo punto il pendolo pendeva per la convinzione opposta: Giovanni era così diverso dai Sinottici perché aveva scritto i suoi resoconti in modo indipendente, mentre Matteo, Marco e Luca erano collegati l’uno con l’altro almeno, in parte, a causa della loro dipendenza letteraria. Alla fine del XX secolo, è stata proposta una prospettiva di mediazione, che ha dato una giustificazione alla maggior parte dei dati. Alla fine del I secolo, la maggior parte dei Cristiani dell’impero era a conoscenza dei resoconti che hanno poi raccontato i Sinottici, sia che avessero davvero ascoltato leggere ad alta voce una copia di Matteo, Marco o Luca o meno. Allora, mentre Giovanni sembra essere indipendente in senso letterario dai Sinottici, la vecchia argomentazione su di lui e del suo non avere bisogno di ripetere gli eventi trattati dagli altri, è stata reintegrata.[32]
Il contesto unico di Giovanni dà conto anche per i suo contenuti particolari. La tradizione della chiesa iniziale attribuisce questo Vangelo all’apostolo anziano, fratello di Giacomo e figlio di Zebedeo, che scriveva da Efeso alle chiese Cristiane per quella comunità, e che stava sperimentando la doppia sfida di un Giudaismo ostile che scomunicava i membri della sinagoga che credevano che Gesù fosse il Messia e di uno Gnosticismo iniziale (vedi sotto 19-24) che non aveva problemi ad affermare la divinità di Gesù, ma negava la sua vera umanità. Per questo motivo non dobbiamo stupirci se Giovanni sottolinea come Gesù fosse invece il compimento delle maggiori festività e rituali ebrei (come in Giovanni 5-10), nonostante il conflitto che questo ha causato con i leader religiosi del suo popolo. L’arrogante affermazione sulla divinità di Gesù può benissimo essere il modo in cui Giovanni stabilisce un terreno comune con coloro che erano influenzati dagli Gnostici, con il bisogno di dare una enfasi a come “il Mondo si era fatto carne e si era insediato tra di noi” (Giovanni 1:14).[33]
Esiste un procedimento che dimostra quanto sia Giovanni che i Sinottici sapessero veramente e quanto i loro Vangeli siano complementari piuttosto che contraddittori, per questo spesso chiamati “sincronizzati”. Questo procedimento riguarda esempi in cui Giovanni si riferisce a qualcosa di così criptico tanto che solleva domande a cui non risponde, ma lo fanno i Vangeli Sinottici e vice versa. Per esempio, Giovanni 3:24 riferisce dell’imprigionamento del Battista, ma soltanto i Sinottici raccontano l’evento (Marco 6:14-29 e simili). Giovanni sa che Gesù era stato messo alla prova dai grandi sacerdoti di Caifa (Giovanni 18:24, 28) ma soltanto nei Sinottici il procedimento è descritto, o il suo esito (Marco 14:53-65 e simili). Al contrario, i Sinottici affermano che i testimoni hanno distorto le parole di Gesù per accusarlo di affermare che avrebbe distrutto il tempio e l’avrebbe ricostruito in tre giorni (Marco 14:18-19), ma niente nella narrativa spiega al lettore questa accusa. Giovanni 2:19, invece, include l’asserzione di Gesù che se i leader ebrei avessero distrutto “questo tempio”, lo avrebbe ricostruito in tre giorni, ma continua a spiegare che si stava riferendo al “tempio” del suo corpo, si tratta cioè di un allusione alla sua morte e alla sua resurrezione. Questa, comunque, è un’affermazione che può essere scambiata con quello che, secondo i Sinottici, ha detto il falso testimone. Oppure, di nuovo, perché i leader ebrei ottengono l’appoggio del governatore romano, Pilato, (Marco 15:1-3 e simili), quando la loro Legge chiaramente ordina la pena di morte – la lapidazione – per i blasfemi? Soltanto Giovanni ci fornisce la risposta: sotto l’occupazione romana agli ebrei era proibito eseguire questa parte della loro Legge (Giovanni 18:31). Molti altri esempi di tali intrecci, in entrambe le direzioni, possono essere forniti.[34]
Passaggi specifici
Potremo anche procedere in sequenza tra i Quattro Vangeli, notando i motivi storici per accettare almeno un nucleo solido della maggior parte degli episodi principali come autentici, inclusi quelli unici di un Vangelo. Unico nel capitolo 1 di Giovanni è il periodo in cui il ministero di Gesù si sovrappone a quello di Giovanni Battista prima che Gesù “splenda di più” del suo predecessore. La prima chiesa, comunque, non sembra aver inventato un periodo in cui Giovanni doveva “diventare inferiore” così che Gesù potesse “diventare maggiore” (Giovanni 3:30), a causa di come erano occupati a esaltare Gesù su chiunque. Il capitolo 2 inizia con il miracolo della trasformazione dell’acqua in vino, eppure è in perfetta coerenza con la piccola parabola, di solito considerata autentica, del nuovo vino (l’insegnamento del regno di Gesù) che ha bisogno di nuovi otri (nuove forme di religione). Il capitolo 3 di Giovanni sottolinea le conversazioni di Gesù con Nicodemo, un raro nome ebraico che appare ripetutamente nella letteratura rabbinica per la ricca e potente famiglia farisea ben-Gurion. La storia della preoccupazione sorprendente di Gesù per la donna samaritana nel capitolo 4 è coerente alla sua compassione verso gli emarginati che attraversa tutti i Sinottici. L’omelia per la sinagoga nel capitolo 4 di Giovanni su Gesù come il pane della vita, combacia perfettamente con una forma esplicativa rabbinica standard conosciuta come Midrash di preambolo. Le affermazioni di Gesù alla Celebrazione dei Tabernacoli di essere acqua sorgente e la luce del mondo (nei capitoli 7-9) si accorda con due rituali centrali di quella stessa celebrazione: un rito di estrazione dell’acqua e le cerimonie giornaliere al tempio con un gigantesco candelabro installato proprio per quell’occasione. E si può andare avanti in modo simile per tutto il Vangelo ad identificare motivi chiave per la probabile autenticità di un nucleo fondamentale di ogni parte principale.[35]
E le apparenti contraddizioni tra Giovanni e i Sinottici? Molte di esse possono essere trattate con un campione simile a metodi applicati per le apparenti discrepanze tra i Sinottici. Alcune hanno a che fare con la scelta di Marco di includere soltanto una visita di Gesù adulto a Gerusalemme, durante la Pasqua ebraica in cui è poi crocefisso, scelta che Matteo e Luca hanno seguito. È probabile che il suo ministero sia durato più a lungo degli alcuni mesi che ci sarebbero voluti per fare tutto quello che i Sinottici hanno riportato e, come ebreo che seguiva i Comandamenti di Mosè, Gesù avrebbe sicuramente partecipato alle varie celebrazioni annuali a Gerusalemme prescritte dalla Torah. Infatti, Giovanni sembra usare più cronologia nella sequenza delle sue narrazioni che i Sinottici, che spesso raggruppano insieme il materiale secondo il tema e la forma, specialmente durante il ministero galileo di Gesù. La resurrezione di Lazzaro avviene in Giudea, poco prima dell’ultimo viaggio di Gesù a Gerusalemme, una vola che i Sinottici hanno deciso quali contorni seguire, questo miracolo non andava bene per loro. Le parabole possono essere state omesse perché erano l’unica forma ebrea meno rilevante per Efeso, e, secondo la tradizione cristiana iniziale, Giovanni scriveva allo stesso suo modo. Anche gli esorcismi possono essere stati lasciati fuori perché spesso erano visti come una “magia” religiosa manipolativa nel mondo greco-romano. Il concetto di regno è rimpiazzato dal tema della vita eterna, ma questa è una sostituzione legittima perché già in Matteo 19:16, 23-24, Gesù li usava in modo intercambiabile.
Spesso si afferma che Giovanni e i Sinottici si contraddicono sul giorno dell’Ultima Cena. I Sinottici lo descrivono come un pasto per la Pasqua ebraica (esempio Marco 14:12, 14, 16), mentre Giovanni lo pone il giorno prima dell’inizio della Pasqua ebraica (specialmente 13:1, 29; 18:28; 19:14, 31), ma quando Giovanni nel 13:1 spiega: “era poco prima della celebrazione della Pasqua ebraica” e poi, nel versetto successivo si riferisce semplicemente al pasto serale iniziato, è naturale pensare che la Pasqua è iniziata e che si tratta di un pasto precedente di tipo diverso. Quando Giuda lascia la cena e gli altri discepoli pensano che stia andando a compare “quello di cui c’era bisogno per la celebrazione” (13:29), si può pensare che sia andato a prendere provviste per la lunga settimana di celebrazioni, specialmente visto che qualcuno ha addirittura pensato che stesse andando a dare qualcosa ai poveri, una tradizione centrale durante la prima sera della Pasqua. I leader ebraici, il venerdì mattina, non vogliono andarsene perché sta per iniziare il pranzo pasquale (18:28), questo suggerisce che sia il pranzo di mezzogiorno piuttosto che la cena della sera, in quanto un nuovo giorno è iniziato al tramonto nel calcolo ebraico e rimuove la profanazione del giorno precedente. Giovanni 19:14 spesso è tradotto: “Era il giorno della Preparazione alla Pasqua ebraica”, ma potrebbe essere ugualmente reso “Era il giorno della Preparazione durante la settimana della Pasqua ebraica”, cioè il venerdì della settimana pasquale, perché venerdì era il giorno della preparazione al Sabato o alla Domenica ebraica. Il versetto 31 infatti sostiene questa interpretazione perché dichiara esplicitamente che il giorno seguente sarebbe stato Sabato. Quindi, di nuovo, una lettura più attenta del testo diminuisce l’accusa di contraddizione.
E allora cosa dire dell’ “alta Cristologia” di Giovanni – la sua veduta esaltata di Gesù che spesso lo eguaglia a Dio stesso? Dobbiamo sempre ricordare che queste affermazioni dalle labbra di Gesù che sembrano così esaltanti dando un giudizio retrospettivo, del tipo “Sono la luce del mondo”, “la vera vite”, “il cancello del gregge”, “il buon pastore”, “la strada, la verità e la vita”, oppure “la risurrezione e la vita”, sono metafore che all’inizio comunicano senza essere ambigue. Perfino il richiamo di Giovanni al divino “Io sono” dell’Esodo 3:14 (16:29), senza dubbio ha disorientato molte persone. E anche qui, la risposta di Gesù, anticipando la loro reazione alla sua morte, suggerisce che ancora non comprendono completamente (versetto 31-32). Al contrario, soltanto la narrazione dei Sinottici riporta la concezione virginale, che sicuramente rappresenta “alta Cristologia”. E anche loro hanno Gesù che usa “Io sono”, a volte mascherato nella traduzione con l’inglese “Io sono colui”, ma in passaggi come Marco 6:50, nel contesto della camminata sull’acqua, oppure in Marco 14:62 quando risponde al Sanhedrin (tribunale ebraico) in riguardo al suo essere il Messia, è difficile non credere che una auto-rivelazione della sua divinità non sia stata nemmeno lasciata intendere.[36]
Topografia e Antropologia
Mentre Giovanni è il più teologico dei Vangeli canonici, egli fornisce anche la più grande quantità d’informazioni geografiche sui luoghi in cui avvengono gli eventi. Dato che tali riferimenti non sono lo scopo maggiore nella scrittura di Giovanni (vedi 20:31), sono molto rilevanti perché si sono rivelati storicamente corretti. La maggior parte dei luoghi può essere ancora visitati oggi, e le scoperte archeologiche hanno chiarito il Vangelo di Giovanni rispetto ai Sinottici: la piscina di Betzaeta con i suoi cinque portici vicino alla Porta del Gregge a Gerusalemme (5:2), la piscina di Siloam a Gerusalemme (9:7), il pozzo di Giacomo a Sychar (4:5-6), le pietre del lastrico di Gabbata (19:13) testimonianze d’iscrizioni del nome Ponzio Pilato (18:29), prove dell’uso da parte dei Romani di chiodi sulle caviglie per le vittime crocifisse (Luca 24:39 e Giovanni 20:25), e simili.[37]
Genere Letterario
Senza questione,con una gamma che varia dalla cronaca storica nuda e senza bisogno di interpretazione alla totale narrativa, Giovanni è un po’ più estremista dei Sinottici,[38] usa il suo stile linguistico riportando le parole di Gesù, cosicché in alcuni momenti è quasi impossibile riconoscere dove Gesù smette di parlare e inizia il racconto (vedi Giovanni 3-13-21). Mantenendo le convenzioni storiografiche di quel tempo, spesso è troppo teologico rispetto ai Sinottici, ma in termini di genere letterario, la sua opera resta ancora molto vicina a Matteo, Marco e Luca nella forma, più di qualsiasi altro tipo di scrittura dell’antico mondo mediterraneo. E prova ne è il fatto che la forma rispecchia molto le biografie più attendibili.[39]
Un paragone, passaggio dopo passaggio, tra Giovanni ed i Sinottici mette in evidenza uguaglianze di concetto in quasi ogni frangente, anche se essi non riflettono una dipendenza letteraria e spesso sono narrati in modo diverso. L’enfasi del Vangelo di Giovanni sul fornire testimonianza valida alla verità del messaggio Cristiano (21:24-25) rende la sua attendibilità storica ancor più importante e probabile.
Prove Sincretistiche
Recenti opere che hanno destato scalpore nella narrativa, come Il Codice da Vinci, hanno tratto in inganno molti lettori a causa delle affermazioni fittizie che “tutte le descrizioni dei documenti antichi sono vere.”[40] Come risultato, molte persone nel mondo odierno credono che molti documenti non canonici presentino una storia alternativa delle origini cristiane e che essi siano più probabilmente credibili. In realtà niente può essere più lontano dalla verità. Particolarmente interessanti per molte persone sono stati i Vangeli Gnostici, quindi li tratteremo per poi rivolgerci ad altri documenti apocrifi post Nuovo Testamento.
I Vangeli Gnostici
Poco dopo la Seconda Guerra Mondiale, alcuni codici nascosti furono scoperti in Egitto in un luogo conosciuto come Nag Hammadi. Questi libri andavano dal secondo al sesto secolo, e la maggior parte di essi rispecchiava le riflessioni gnostiche. Lo Gnosticismo era un insieme di movimenti religiosi che univa elementi della filosofia greca e rituali di carattere cristiano componendo una mitologia ibrida e sincretistica. Al centro di questi vari movimenti c’era la convinzione che la materia è malvagia e soltanto lo spirito può essere redento. La Redenzione, spesso si credeva che avvenisse attraverso Gesù, ma non con la sua morte e resurrezione del corpo. La salvazione, piuttosto, avveniva attraverso la conoscenza – esoterica, per essere più precisi. Gli esseri umani che riconoscevano la scintilla di divinità impressa nel profondo di loro stessi e che la accendevano, potevano essere iniziati nella setta gnostica, vivendo liberi in un certo modo dalle catene del corpo e del mondo materiale, cercando di evadere da questo mondo e dal loro corpo con la morte. La maggior parte degli Gnostici, perciò erano asceti che tentavano di negarsi gli appetiti del corpo, sebbene alcuni pendessero dalla parte opposta diventando edonisti, assecondando i desideri del corpo poiché presto se ne sarebbero disfatti. La maggior parte dello Gnosticismo era anti Semita, in quanto rifiutava il Dio di Israele e riteneva le leggi israelite perverse. Era anche elitario, in quanto credeva che nessuno poteva essere salvato tranne coloro in cui gli dei avevano immesso una traccia di divinità.[41]
Il Vangelo di Tommaso
Se esiste un Vangelo Gnostico che probabilmente contiene informazioni storiche su Gesù, al di fuori dei testi che ripetono semplicemente le informazioni già trovate nei Vangeli canonici, è il così chiamato Vangelo Copto di Tommaso. Nonostante la forma sia quella del IV secolo come i testi di Nag Hammadi, frammenti in greco del II secolo sono stati trovati durante gli scavi archeologici del IXX secolo a Khenoboskion. Il Vangelo di Tommaso non è una narrativa biografica, ma una raccolta di 114 frasi attribuite a Gesù. Poco più di un terzo di esse ha una similitudine distinguibile con gli altri testi canonici, circa un altro terzo è molto vicino agli Gnostici per significato, e le frasi restanti sono quelle che affascinano di più gli studiosi. Ci potrebbe essere un insegnamento autentico di Gesù in esse che non si trova da nessun’altra parte? Probabilmente sì, ma com’è possibile distinguere quali sono? Dopo tutto, presumibilmente, le frasi di Tommaso possono essere interpretate in modo gnostico, quindi sarebbe difficile sviluppare dei criteri assolutamente sicuri per dividere le frasi autentici da quelle che non lo sono. Le persone che hanno fatto supposizioni su quali passaggi potrebbero riferirsi a Gesù, spesso includono la frase 82 (“Colui che è vicino a me è vicino al fuoco, e colui che è lontano da me è lontano dal regno”) e il 77b (“Spacca un pezzo di legno, e io ci sarò. Alza una pietra e lì mi troverai”) o le piccole parabole sulla donna che porta una giara di farina (Tommaso 97) e l’uomo che infila la spada nel muro (Tommaso 98).
(97) Gesù disse: ” Il regno [del Padre] è come una donna che portava una giara piena di farina. Mentre camminava per una lunga strada, ancora lontana da casa, il manico della giara si ruppe, e la farina si sparse dietro di lei per la strada. Lei non si era accorta di nulla. Quando raggiunse la sua casa, posò la giara e scoprì che era vuota.ù
(98) Gesù disse: “Il regno del Padre è come un uomo che voleva uccidere un uomo potente. Prima di uscire di casa, sfoderò la spada e la infilò nel muro per provare se il suo braccio riusciva a trapassarlo. Poi uccise il potente.”
Accettare alcune di queste frasi, tuttavia, rivoluziona poco la nostra immagine di Gesù. Affermare che lo Gnosticismo (o qualsiasi altra forma di eterodossia), preceda la Cristianità ortodossa e apostolica richiede che il Vangelo di Tommaso (e altri documenti) siano datati a metà del primo secolo, senza una prova documentata o una testimonianza esterna che lo supporti. Nicholas Perrin ha dimostrato che la struttura di Tommaso, basata su parole chiave che uniscono una frase all’altra, appare chiaramente in forma siriaca, cioè dipende dalla corrispondenza ai Vangeli scritti da un siriano di nome Tatian circa nel 180 E.C, e per questo motivo Tommaso non può essere datato prima.[42]
Anche se lo fosse, il fatto che contiene similitudini con i quattro Vangeli canonici, le sue fonti presunte e il modo in cui è scritto, che spesso gli studiosi identificano come tipico, suggerisce che Tommaso non è stato composto prima del secondo secolo, quando i quattro testi canonici erano stati scritti e avevano cominciato a circolare ampiamente.
Studiosi come Elaine Pagles, Karen King e altri sostengono una forma Tommasina e/o Gnostica di Cristianità tra le forme tradizionali perché credono che una tale religione si mostrasse più affermata tra le donne.[43]
Alcuni testi sembrano promuovere una forma di egualitarismo basata sul fatto che un giorno diventeremo androgini come eravamo un tempo, all’inizio della storia umana. Questo, tuttavia, sostiene soltanto il femminismo di un secolo fa, che offuscava le distinzioni tra uomini e donne nel nome di una pari opportunità, piuttosto che una forma dominante che persiste sull’uguaglianza nella differenza. Inoltre, si deve leggere la letteratura gnostica in modo selettivo per avere anche un egualitarismo parziale. Considerate, per esempio, l’ultima frase di Tommaso: “Simon Pietro gli disse: “Lasciate che Maria se ne vada, poiché le donne non meritano la vita”. E Gesù disse: “Io stesso la guiderò in modo di farla maschio, così che anche lei potrà diventare uno spirito vivente somigliante a voi maschi, perché ogni donna che farà se stessa maschio, entrerà nel Regno dei Cieli”. (Tommaso 114). La maggior parte delle donne di qualsiasi età non reputano che questa sia un’opzione attraente!
Altri Vangeli Gnostici
Pochi altri documenti di Nag Hammandi si sono avvicinati con il contenuto ai testi canonici. Questi, che sono chiamati Vangeli, sono solitamente raccolte di monologhi esoterici attribuiti a Gesù dopo la resurrezione durante conversazioni segrete con uno o più discepoli sulla natura degli esseri ed entità celesti, affermazioni molto lontane dall’etica pratica e realistica di Gesù di Nazareth. Seguendo il rifiuto gnostico dell’umanità di Gesù, appare poco interesse nella sua vita terrena, al contrario i documenti sono attribuiti erroneamente a scrittori come Filippo, Maria, Giacomo ed altri che hanno dedicato la maggior parte della loro attenzione a speculazioni sulle origini celestiali e i rapporti di Gesù, la natura dell’umanità nella sua pienezza e nella redenzione, realtà parallele tra terra e cielo, e simili.[44]
Una parziale eccezione è il Vangelo di Guida, scoperto e pubblicato di recente. Appare in forma di narrazione, anche se frammentariamente ricopre soltanto eventi selezionati dell’ultima settimana della vita di Gesù e, come già sapevamo dagli scritti di Ireneo (l’arcivescovo di Lione, in Francia, alla fine del secondo secolo), rende Giuda un eroe piuttosto che la persona che ha tradito Cristo. Nonostante la sua fine ignominiosa sulla terra, egli è esaltato in cielo, perché qualcuno doveva portare Gesù davanti all’autorità così che potesse espiare i peccati del mondo. Naturalmente, la logica ha dei difetti, ci sarebbero infiniti modi in cui Gesù avrebbe potuto essere messo a morte, e questo punto di vista rappresenta una piccola minoranza anche tra gli gnostici antichi. Nonostante la presentazione di questo Vangelo, sensazionalistica e a volte anche inaccurata, dalla Società del National Geographic (2006),[45] anche gli studiosi liberali e non cristiani hanno riconosciuto che non c’è possibilità che esso rifletta la versione originale degli eventi.[46]
Altri Vangeli Apocrifi
Dalla seconda metà del II secolo della Cristianità in avanti, sono apparsi altri “Vangeli”. Molti di essi sono sopravvissuti, alcuni soltanto parzialmente, mentre altri sono conosciuti soltanto perché alcuni degli scrittori cristiani, o a volte i loro oppositori, ne hanno parlato. La maggior parte di essi sembra rispondere alla curiosità di lettori del Nuovo Testamento sui “divari” della documentazione dei Vangeli. Com’era Gesù bambino? Il Vangelo dell’Infanzia di Tommaso, da non confondersi con il Vangelo Copto con lo stesso nome discusso in precedenza, lo ritrae come un “bambino prodigio”, che modellava uccelli di creta e li infondeva del respiro della vita così che potessero volare, oppure faceva inaridire un compagno che si era rifiutato di smettere di schernirlo. Il Proto Evangelismo di Giacomo descrive “l’immacolata concezione” di Maria – cioè che i suoi genitori, quando l’avevano concepita, erano liberi dalla passione, dandole la possibilità di diventare senza peccato. Descrivono anche la nascita verginale – anche dopo che Gesù era uscito dall’utero di Maria, le levatrici confermarono che il suo imene era rimasto intatto! Dall’altra parte della vita di Gesù, il Vangelo di Nicodemo contiene il racconto della discesa negli inferi di Gesù, mentre quello di Pietro abbellisce la scena della resurrezione, con Cristo che emerge dalla tomba accompagnato da due angeli, uno da ogni lato, con la testa che allungata fino al cielo, mentre Cristo attraversava il cielo! Quasi nessuno storico dà la possibilità a questi documenti di essere scritti veramente dalle persone a cui sono stati attribuiti o di rispecchiare eventi storici reali che non si trovano nel Nuovo Testamento.[47]
Altri documenti a volte sono considerati di essere antichi, quando invece sono stati scritti durante il Medio Evo o ancor più di recente. Il Vangelo di Barnaba è una composizione musulmana medievale che insegna dottrina islamica e contraddice perfino il Corano in alcuni punti (per esempio negando che Gesù sia il Messia).[48]
Testi cristiani ortodossi danno ad intendere di svelare documenti mai visti prima scritti da leader ebrei e romani che hanno partecipato al processo contro Gesù (per esempio una composizione del IXX secolo chiamata Archko Volume, che è pura narrativa moderna). Il Libro dei Mormoni che si rivolge a un problema teologico del primo IXX secolo – il destino degli Indiani Americani prima della loro evangelizzazione dai coloni europei – affermando di essere un resoconto nascosto per lungo tempo delle gesta degli ebrei e dei loro discendenti che sono migrati in America secoli prima di Cristo e contenendo la storia della supposta apparizione di Gesù a persone di quel continente poco dopo la sua morte e resurrezione in Israele. Per Beskow mette in discussione le vere origini di molti di queste storie e racconti simili.[49]
Possiamo sostenere che coloro che sono inclini ad essere sospettosi su alcune parti del Vangelo del Nuovo Testamento non hanno nessun motivo storico per aver fiducia su queste fonti extra canoniche.
Un esercizio di paragone tra il Nuovo Testamento e i Vangeli gnostici/apocrifi, usando un numero di criteri storici standard, è rilevante. I testi canonici sono originari del I secolo, non più di due generazioni lontane dalla testimonianza oculare sulla vita di Gesù, nessun altro Vangelo può essere dimostrato di essere precedente della metà del II secolo, almeno due generazioni dopo. Alcuni non arrivano ad essere di cinque secoli dopo! Il genere letterario dei Vangeli canonici è molto simile alla storiografia e biografia antica, mentre nessuno dei testi gnostici contiene pezzi di racconti, e la maggior parte non ne ha nemmeno. I testi apocrifi sono tipicamente scritti in prosa collegata, ma nessuno di essi implica di coprire non più di un piccolo pezzo del ministero e della vita di Gesù. Fatta eccezione per alcuni elementi del Vangelo di Tommaso, non ci sono problemi di armonizzazione perché questo tipo di cose che Gesù ha detto o fatto negli Apocrifi sono così diverse da quelle del Gesù canonico, che uno deve scegliere quale dei due accettare – non possono essere entrambe veri! I Vangeli canonici non lasciano dubbi che Gesù di Nazareth era un essere umano, il tema con cui i suoi discepoli hanno lottato era quello di come raccontare i suoi insegnamenti e i suoi miracoli, spesso erano anche obbligati ad usare il linguaggio della divinità. Gli Gnostici e una parte almeno degli Apocrifi non si pongono domande sulla divinità di un essere spirituale chiamato Cristo, ma se questo spirito fosse (o potesse essere stato) umano rimane aperto a molti interrogativi. Non ci sono prove archeologiche a sostegno per nessuna delle parti dei Vangeli Gnostici o Apocrifi, perché il loro contenuto in maggioranza non include eventi o frasi legate a un posto in particolare. Non ci sono testimonianze non Cristiane che li supportano, soprattutto perché essi non erano molto conosciuti per richiedere attenzione da parte di altre persone.[50]
Tutte queste osservazioni sono importanti, mente ci accingiamo a due obiezioni chiave che spesso agiscono da ostacolo per le persone che accettano il messaggio del Nuovo Testamento.
Problemi Rimanenti
Considerazione sul testo e sul canone ecclesiastico
Spesso s’incontrano domande come le seguenti: Come possiamo sapere che quello che abbiamo è quello che gli autori dei Vangeli canonici ha scritto? Questi testi non sono stati copiati molte volte, con molti errori, tanto che quello che Matteo, Marco, Luca e Giovanni hanno scritto all’inizio può essere diverso? Tutto questo, aggiunto alle diverse traduzioni, specialmente in Inglese, del Greco antico, che hanno potuto portare alterazioni. E anche se queste prime domande possono essere trattate, non è che i Vangeli inclusi nel canone del Nuovo Testamento sono semplicemente il prodotto della politica ecclesiastica? Soltanto perché l’ortodossia ha vinto lo Gnosticismo, abbiamo una Bibbia che abbiamo invece di una molto diversa. Allora come si può affermare che queste fonti sono unicamente fonti ispirate e autoritarie per il credere e il comportamento? Il primo gruppo di domande trattano tematiche di testo e traduzione, il secondo, della formazione del canone ecclesiastico. Le esamineremo brevemente.
Testo e Traduzione
Esistono più di 5.700 manoscritti in greco in parte o totalmente del Nuovo Testamento ante Gutenberg, vanno da un frammento di alcuni versi fino a copie intere del Nuovo Testamento. Abbiamo una serie interrotta di risorse testuali sempre più crescente (sia in numero che in testi rappresentati) dal primo II secolo fino all’invenzione della carta stampata del XV secolo. In generale, i testi sono stati copiati con cura considerevole, la maggior parte dei cambiamenti che è stata introdotta riguardava modi di scrivere diversi, l’omissione o la ripetizione accidentale di una singola lettera, la sostituzione di una parola con un sinonimo, e simili. I critici del testo, soprattutto teologici, sono d’accordo con il fatto che non possiamo ricostruire il testo del 97% del Nuovo Testamento al di là di ogni ragionevole dubbio. E certamente nessuna credenza cristiana o dottrina dipende soltanto da un passaggio di testo discutibile. Tutti questi fattori pongono i libri del Nuovo Testamento distanti da qualsiasi altra opera conosciuta dei tempi antichi in termini di capacità di essere sicuri di sapere cosa ha scritto l’autore originale. Il libro “Misquoting Jesus” di Bart Ehrman[51] (vedi sopra n.29) sceglie di concentrarsi nelle poche e più interessanti varianti di testo e può portare fuori strada il lettore, a pensare che tali cambiamenti siano accaduti più spesso, ma anche Ehrman riconosce che siamo in possesso di abbastanza prove di testi che possiamo riconoscere le scritture originali dai cambiamenti più recenti. Riguardo la traduzione, le differenze tra le maggiori versioni in Inglese riguardano soprattutto la filosofia linguistica – quanto sia letterale o parafrasato un interpretazione (o, più tecnicamente, quanto sia equivalente nella forma e attivamente). Un paragone tra qualsiasi delle dozzine di traduzioni di versioni della Bibbia rende chiaro quanto siano minori le differenze generali, perché tutti i fondamentali della fede appaiono chiaramente in tutte le versioni.[52]
La formazione del Canone del Nuovo Testamento
Già a metà del secondo secolo, gli scrittori cristiani iniziarono a compilare una lista di libri che credevano canonici – cioè accurati, autoritari e di valore per essere uguali alle Scritture Ebraiche (come i Cristiani chiamano il Vecchio Testamento). All’inizio, questo è accaduto in risposta agli insegnamenti non ortodossi come quelli che promuovevano le varie sette gnostiche, ma ciò che è importante, è che non abbiamo documentazione degli Gnostici stessi che abbiano mai proposto uno dei loro documenti per essere incluso in un canone, né loro né nessun altro. Al contrario, hanno tentato di reinterpretare il Nuovo Testamento in un modo che potesse sostenere le loro caratteristiche perché riconoscevano l’autorità di tali documenti. Con il passare dei decenni, il numero di libri per il Nuovo Testamento per i quali era cresciuta l’intesa, fino al 367 E.C., nella sua Enciclica Pasquale, il vescovo Attanasio di Alessandria aveva elencato venti sette libri che, da allora, il canone comprende. I concili ecumenici, sia a Cartagine che a Hippo nel nord Africa, alla fine del IV secolo, hanno convalidato questo consenso comune. Per quel che ne sappiamo, i quattro Vangeli, gli Atti, e le lettere di San Paolo non sono mai stati messi in dubbio. I dibattiti hanno racchiuso le lettere degli Ebrei, San Giacomo, il II Pietro, Giovanni 2 e 3, Giuda e il Libro delle Rivelazioni. I soli libri che sono stati candidati per l’inclusione nel Nuovo Testamento, ma omessi, erano anche le lettere, la raccolta del secondo secolo di scritti da parte di Cristiani ortodossi conosciuti come i Padri Apostolici. Anche allora, c’era molto più entusiasmo per gli scritti con meno sostenitori delle lettere che “ce l’hanno fatta”, che per quelle che sono state lasciate fuori. In nessun senso questi scrittori, leader della chiesa o concili hanno soppresso materiale apocrifo o gnostico, perché non c’è nessuna prova di un canone che li abbia mai inclusi, né qualcuno che li abbia proposti per la canonizzazione, e nemmeno erano conosciuti tanto da essere veramente candidati all’inclusione se qualcuno li avesse proposti. Infatti, non avrebbero rispettato i tre maggiori criteri usati dalla prima chiesa nella selezione per quali libri, a volte letteralmente, avrebbero voluto morire – i criteri apostolici (cioè che un libro era stato scritto da un apostolo o collega stretto di un apostolo), coerenza (non contraddire Scritture accettate in precedenza) e cattolicesimo (accettazione generale della rilevanza particolare e normativa entro tutti le parti importanti della comunità Cristiana iniziale).[53]
I miracoli e la resurrezione
Per alcuni lettori, potenzialmente favorevoli alla maggior parte di ciò che abbiamo affermato, il punto chiave rimane la questione del sovrannaturale. In qualsiasi modo sia potente il resto delle prove, possiamo pendere affermazioni storiche come veritiere in qualsiasi documento che fa resoconti dei miracoli come i Vangeli canonici, e specialmente quando questo è cardine di veracità del più spettacolare miracolo di tutti, la Resurrezione di Gesù? La risposta a questa domanda si trova al di fuori della portata di questo saggio, perché riguarda una questione di veduta sul mondo più ampia. C’è un motivo di credere in un Dio che ha creato prima di tutto l’universo? Se esiste, allora anche i miracoli diventano possibili a priori e forse anche probabili. La scienza ha davvero dimostrato che l’universo è un serie ininterrotta di causa e effetto? Se è così, allora dobbiamo escludere i miracoli, almeno concepiti in modo normale.[54]
Queste tematiche devono essere esaminate a fondo da un’altra parte. Ciò che si può notare qui, mentre ci avviciniamo alla conclusione di questo studio, è che gli altri documenti antichi a volte contengono racconti di miracoli che non hanno vietato agli storici, qualsiasi visione avessero del sovrannaturale, di ricavare dettagli storici da alcune porzioni di queste opere. Un esempio riguarda le quattro versioni esistenti dell’attraversamento del Rubicone da parte di Giulio Cesare, impegnandosi in questo modo alla guerra civile che lo avrebbe portato a diventare imperatore e a cambiare la repubblica in un impero. Spesso considerato come uno degli eventi storici trovato nelle fonti antiche del Mediterraneo, spesso è accompagnato in alcuni racconti da apparizioni miracolose (insieme a problemi di armonizzazione e datazione parallele a quelle dei Vangeli del Nuovo Testamento). Tuttavia i classicisti, che rifiutano il sovrannaturale, hanno recuperato informazioni storiche da tutti questi racconti.[55]
Gli studiosi della Bibbia, che sono aperti al sovrannaturale, spesso sono accusati di adottare uno standard doppio: accettano i vari miracoli nella Bibbia, ma non quelli di opere di storia antica. Questo sarebbe un doppio standard se la loro razionalità unica per tali giudizi fosse nelle fonti in cui i vari racconti appaiono, ma spesso prove a sostegno sono più forti per i racconti biblici.[56]
D’altra parte, ci sono poche affermazioni di miracoli in molti frangenti attraverso la storia che passano i criteri di autenticità, e non c’è motivo che gli studiosi Cristiani non li accettino. Dio, nella Bibbia, spesso opera attraverso coloro che non sono il suo popolo, e la produzione umana e l’influenza diabolica sono possibili fonti per una forza che opera miracoli.[57]
Inoltre, osservando quanto spesso i parallelismi di un miracolo di un Vangelo canonico appaiono in fonti ebree o greco-romane[58] successive, se una tradizione ne ha influenzata un’altra, è stata proprio la Cristianità ad esserlo.[59]
In modo dimostrabile, le tradizioni pre-Cristiane non presentano parallelismi con i miracoli dei Vangeli del Nuovo Testamento. Riguardo al tema della resurrezione in particolare, ci vorrebbe un saggio distinto per renderle giustizia, ma possiamo almeno notare che alcuni fatti storici sono difficili da spiegare a parte il ritorno alla vita di Gesù, incluso (1) come un piccolo gruppo di seguaci sconfitti sono stati trasformati in una notte in testimoni, rischiando loro stessi la morte proclamando la sua resurrezione davanti a persone che cinquanta giorni prima hanno partecipato alla sua crocifissione; (2) cosa ha motivato un gruppo di devoti a Gesù a cambiare quello che credevano un Sabato immutabile (o un giorno per riposare e pregare) in Domenica; (3) perché affermano in tutte le versioni delle loro testimonianze che le donne, la cui testimonianza era inammissibile nei tribunali antichi, fossero le prime testimoni della resurrezione; (4) cosa li ha portati ha dichiarare che Gesù era Signore e Liberatore nonostante la morte per crocifissione, già spiegata alla luce del Deuteronomio 21:23, come la maledizione di Dio; e (5) come l’aspettativa ebrea di tutte le persone resuscitate dalla vita alla fine dei tempi (Dan 12:2) li ha permesso di dichiarare che Gesù era resuscitato prima del Giorno del Giudizio indipendentemente dalla resurrezione generale. Ci vuole grande fede a credere nei racconti alternativi dell’ascesa delle tradizioni di risurrezione durante i primi anni della Cristianità che accettare il racconto come è scritto nel Nuovo Testamento.[60]
Perché è importante: il significato duraturo del Gesù Storico
Se i Vangeli canonici sono la nostra unica fonte per qualcosa di più di un abbozzo scheletrico della vita e delle opere di Gesù di Nazaret come vero essere umano, e se ci sono buoni motivi per un terreno storico a parte la fede religiosa per accettare i contorni principali dei ritratti di Gesù come veramente storici, allora “il progresso della fede” riguarda anche il riconoscimento di Gesù come Signore e Salvatore e impegnare la propria vita in devozione verso di lui diventa la risposta più ragionevole che una persona possa fare al suo ministero. La storia non può confermare tutto quello che è nei Vangeli, ma può fornire sostegno ad uno spirito di fiducia piuttosto che di sospetto che è naturale in quelle aree in cui sorgono domande più difficili. La testimonianza di milioni di milioni di vite cristiane trasformate in meglio, che spesso ha meno pressioni di un piccolo gruppo di credenti responsabili dei fatti disonorevoli perpetuati nella storia nel nome di Gesù, fornisce una conferma al valore di scelta di schierarsi con lui. Ricevere il perdono dei peccati, essere messi nel giusto rapporto con Dio, capire la vocazione nella vita nella presenza di Dio in Cristo e insieme al suo popolo attraverso il tempo, tutte le forme di motivazioni per affidarsi a Gesù nonostante l’ignominia, la sofferenza, e anche il martirio che un tale impegno può portare in questo mondo. L’alternativa, che è una separazione da Dio e dalle cose buone, proprio perché Dio rifiuta di obbligare a credere o di dare alle persone che lo rifiutano (incluso se stesso e la sua salvazione), rende ogni aspetto spiacevole di questa vita pallido al confronto.
- Vedi Jonathan Hill “What Has Christianity Ever Done for Us? How It Shaped the Modern World” (Downers Grove: IVP, 2005)
- Stephen Protero: “How the Son of God Became a National Icon” (New York: Farrar, Strauss and Gireaux, 2003).
- La presentazione e la valutazione più diffusa di queste caratteristiche appare nell’autore Robert E. van Voorst “Jesus Outside the New Testament” (Grand Rapids, , Eerdmans, 2000), da cui sono state tratte le traduzioni inglesi di Tacito, del Talmud e di Josephus. L’autore Peter Schärfer, “Jesus in the Talmud” (Princeton, Princeton University Press, 2007), è particolarmente utile per la prospettiva ebraica sui riferimenti chiari e altre possibili allusioni alla letteratura rabbinica. Quello che originariamente Josephus ha scritto è stato a lungo al centro di discussioni, ma un ragionevole consenso suggerisce che le sole interpolazioni Cristiane esistevano soltanto per affermare che Gesù era il Messia e la sua Resurrezione, piuttosto che notare semplicemente che i suoi discepoli dichiararono che erano accadute. Vedi John P. Meier, “Jesus in Josephus, A Modest Proposal”, Catholic Biblical Quarterly 52 (1990): 76-103.
- Peter H. Davids, “The Epistles of James” (Gand Rapids: Eerdmans, 1982), 22, 47-48.
- Richard Bauckman “Jesus and The Eyewitnesses: The Gospel as an Eyewitness Testimony” (Grand Rapids: , Eerdmans, 2006) 333-34.
- Stanley E. Porter, “Images of Christ’s in Paul’s Letters” in “Images of Christ: Ancient and Modern” edito da Stanley E. Porter, Michael A. Hayes e David Tombs (Sheffield: Sheffield Accademic Press, 1997) 98-99.
- Vedi particolarmente: David Wenham, “Paul: Follower of Jesus or Founder of Christianity?” (Grand Rapids, , Eerdmans, 1995).
- Eccetto che non sia annotato diversamente, tutte le citazioni dalle Sacre Scritture sono tratte dalla Santa Bibbia, la Nuova Versione Odierna Internazionale® TNIV©, Copyright 2001, 2005 International Bible Society®. Usate con il consenso della International Bible Society®. Tutti i diritti riservati a livello mondiale.
- Conferma di queste affermazioni appare nell’opera dello storico ateista Gerd Lüdemann ( con Alf Özen) “What Really Happened to Jesus? A Historical Approach to Resurrection” ( Louisville: Westminster John Knox, 1995) 15.
- Vedi particolarmente: N.T. Wright, “Jesus and the Victory of God” ( Minneapolis: Fortress, 1996), Ben Whiterington III “The Christology of Jesus” (Minneapolis: Fortress, 1990).
- Craig L. Blomberg: “The Legitimacy and Limits of Harmonization”, in Hermeneutics Authority and Canon, edito da D.A. Carson e John D. Woodbridge ( Grand Rapids: Zondervan, 1996) spec. 169-73.
- A.N. Sherwin-White “Roman Society and Roman Law in the New Testament” (Oxford: Oxford University Press, 1963) 187.
- A. W. Mosley, “Historical Reporting the Ancient World”, “New Testament Studies 12”, (1965-66) 10-26; Terrence Callan “”The Preface of Luke-Acts and Historiography” “New Testament Studies 31” (1985) 576-81.
- Loveday C. Alexander, “The Preface to Luke’s Gospel” (Cambridge: Cambridge University Press, 1993).
- Vedi inoltre Ben Whiterington III “Jesus the Seer: The Progress o Prophecy: (Peabody: Hendrickson, 1999) 293-328.
- Vedi inoltre Charles L. Holman “Till Jesus Comes: Origin of Christian Apocalyptic Expectations (Peabody: Hendrickson, 1996)
- I. Howard Marshall “I Believe in the Historical Jesus” (Grand Rapids, Eerdmans, 1977) 15
- Come è la tesi di Maurice Casey, “From Jewish Prophet to Gentile God: The Origins and Development of the New Testament Christology” (Louisville: Westminster John Knox, 1991).
- Per tutte queste pratiche e quelle correlate, vedi spec. Birger Gerhardsson “Memory and Manscript: Oral Tradition and Written Transmission in Rabbinic Judaism and Early Christianity (1961, 1964; Grand Rapids, Eerdmans 1998; idem “The Reliability of the Gospel Tradition (Peabody: Hendrickson, 2001).
- Un’ottima introduzione alla critica alle fonti del Vangelo, come viene chiamato questo esercizio, che presenta le varie ipotesi che sono state proposte con il maggior razionalismo, è quella di Robert H. Stein “Studying the Synoptic Gospels: Origin and Interpretation” (II edizione, Grand Rapids Baker 2001). Questo volume tratta molto bene anche caratteristiche della tradizione orale ed edizione finale dei Vangeli Canonici.
- Due dei principali ricercatori e le loro opere più importanti sono stati Albert B. Lord, “The Singer of Tales” ( II edizione, Cambridge: Harvard University Press, 2000), e Jan Vansina, “Oral Tradition as History” (Madison: University of Wisconsin Press, 1985).
- Kenneth E. Bailey “Informal Controlled Oral Tradition and the Synoptic Gospel”, Asia Journal of Theology 5 (1991): 34-54; ristampata Themelios 20 (1995): 4-11.
- Bart D. Ehrman, “Jesus: Apocalyptic Prophet of the New Millennium” (Oxford: Oxford University Press, 1999): 51-52.
- Ben riassunto ed integrato da Bauckhman “Jesus and the Eyewitnesses”, 319-57.
- Kenneth E. Bailey “Middle Eastern Oral Tradition and the Synoptic Gospels”, Expository Times 106, (1995); 563-67.
- Vedi Craig L. Blomberg “The Historical Reliability of the Gospel” ( II edizione, Downers Grove: IVP, 2007) 152-95; e Darrell B. Bock “Jesus According to the Scriptures: Restoring the Portrait from the Gospel” (Grand Rapids: Baker, 2002).
- Per una analisi delle contraddizioni circostante i vari resoconti della Resurrezione di Cristo, vedi John W. Wenham “Easter Enigma: Do the Resurrection Stories Contradict One Another?” ( Grand Rapids: Zondervan, 1984).
- Bart D. Ehrman, “Misquoting Jesus: The Story Behind Who Changed the Bible and Why ( San Francisco: Harper San Francisco, 2005) 9.
- Non fino al XVIII secolo il gruppo di definizioni date da Walter Bauer, ed altri, “A Greek-English Lexicon of the New Testament and Other Early Chistian Literature ( III edizione, Chicago: Chicago University of Chigaco Press, 2000), 367, appare un’espressione temporale (“al tempo di”).
- Vedi spec. John W. Wenham, “Mark 2.26” “Journal of Theological Studies 1” (1950) : 156.
- Vedi il mio “Legitimacy and Limits of Harmonisation” 139-74.
- Vedi spec. Richard Bauckhman “The Gospel for All Christians: Rethinking the Gospel Audiences (Grand Rapids, Eerdmans, 1998).
- Vedi inoltre Craig L. Blomberg “The Historical Reliability of John’s Gospel: Issues and Commentary” (Downers Grove: IVP 2001), 17-67; Paul N. Anderson “The Fourth Gospel and the Quest for Jesus: Modern Foundations Reconsidered” ( London: T & T. Clark, 2007).
- Vedi spec. Leon Morris “Studies in the Fourth Gospel (Grand Rapids: Eerdmans, 40-63); D. A. Carson “The Gospel According to John (Grand Rapids: Eerdmans 1991), 52-55.
- Vedi spec. la mia “Historcal Reliability of John’s Gospel”, 71-81; Richard Bauckham “The Testimony of the Beloved Disciple: Narrative, History and Theology in the Gospel of John” ( Grand Rapids: Baker, 2007).
- In aggiunta alle mie opere, per il tipo di interpretazioni di testi usate in questa sottosezione, vedi spec. Carson, “John”; Andreas Köstenberger “John” (Grand Rapids: Baker 2004); e Craig S. Keener “The Gospel of John: A Commentary 2 volumi” (Peabody: Hendrickson, 2003).
- Per i Vangeli in generale, il massimo livello delle conoscenze è di James H. Charlesworth “Jesus and Archeology” (Grand Rapids, Eerdmans, 2006). Bargil Pixner enfatizza la correttezza dei Vangeli sotto una luce’archeologica nel libro “With Jesus through Galilee According to the Fifth Gospel ( Collegeville MN: Liturgical, 1996) -18-
- Vedi spec. Derek Tovey “Narrative Art and Act in the Fourth Gospel” (Sheffield: Sheffield Academic Press, 1997)
- Vedi spec. Richard A. Burridge “What Are the Gospels? A Comparison with Graeco-Roman Biography” (II edizione, Grand Rapids: Eerdmans, 2004).
- Dan Brown “Il Codice Da Vinci” ( New York: Doubleday, 2003) 1.
- Introduzioni allo Gnosticismo includono: Riemer Roukema “Gnosis and Faith in Early Christianity” (Harrisburg PA: Trinity Press International, 1999), e Alastair H. B. Logan “The Gnostics: Indentifying an Early Christian Cult” (London: T & T Clark 2006).
- Nicholas Perrin “Thomas, the Other Gospel” (Louisville: Westminster John Knox, 2007) 73-106.
- Elain Pagels “Beyond Belief: The Secret Gospel of Thomas” (New York: Vintage Books, 2003); Karen L. King, edizione “Images of the Feminine in Gnosticism” (Harrisburg: Trinity Press International, 1998).
- Vedi spec. Majella Franzmann “Jesus in the Nag Hammadi Writings” (Edimburgh: T & T Clark, 1996).
- Rodolphe Kasser, Marvin Meyer, e Gregor Wurst, edizione “The Gospel of Judas” (Washington DC: National Geographic Society, 2006).
- Per esempio Bart D. Ehrman “The Lost Gospel of Judas Iscariot: A New Look at Betrayer and Betrayed” (Oxford: Oxford University Press, 2006); 172-73.
- La traduzione standard inglese della traduzione di tutti i Vangeli non canonici che conosciamo è di Wilhelm Schneemelcher “New Testament Apocrypha vol.1” (II edizione, Louisville: Westminster John Knox, 1991). Quasi l’unico a difendere parte del Vangelo di Pietro come più vecchia ed accurata tra le versioni canoniche, è John Dominic Crossan “The Cross that Spoke: The Origins of the Passion Narrative” (San Francisco: Harper & Row, 1998).
- Oddbjørn Leirvik “History as a Literary Weapon: The Gospel of Barnabas in Muslim-Christian Polemics”, “Studia Teologica 54, (2001) 4-26; Jan Joosten “The Gospel of Barnabas and the Diatessaron”, Harvard Theological Review 95 (2002): 73-96.
- Per Beskow, “Strange Tales about Jesus: A Survey of Unfamiliar Gospels” (Philadelphia: Fortress, 1983) 23.
- Vedi Craig L. Blomberg “Canonical and Apocryphal Gospel : How Historical Reliable Are They?”, “From Athens to Jerusalem 6.3” (2006): 1-7. L’unica eccezione è un riferimento a uno dei miracoli infantili nel Corano, che attesta l’eterodossia di alcuni Cristiani con cui Maometto era entrato in contatto.
- Per esempi di statistiche di paragone, vedi Darrell L. Brock e Daniel B.Wallace “Detroning Jesus: Exposing Popular Culture’s Quest to Unseat the Biblical Chris” (Nashville: Nelson, 2007), 31; oppure J. Ed Komoszewski, M. James Sawyer, e Daniel B. Wallace “Reinventing Jesus: What The Da Vinci Code and Other Novel Speculations Don’t Tell You” (Grand Rapids: Kregel, 2006) 71. -24-
- Vedi spec. Gordon D. Fee e Mark L. Strauss “How to Choose a Translation for All Its Worth: A Guide to Understanding and Using Bible Versions” (Grand Rapids: Zondervan,2007). La sola eccezione a questa traduzione è ” Jehovah’s Witnesses’ New World Translation” che traduce impropriamente il greco in quei passaggi in cui il Nuovo Testamento contraddice la loro dottrina, per nascondere questo fatto ai loro lettori. -25-.
- Per ulteriori dettagli su questa storia, vedi spec. F. F. Bruce “The Canon of Scripture” (Downers Grove: IVP, 1988). Per gli elenchi e cataloghi delle raccolte sul Nuovo Testamento dai primi secoli, vedi “Appendix D in the Canon Debate” di Lee M. McDonald e James A. Sanders (Peabody: Hendrickson, 2002), 591–97.
- Vedi Graham A. Cole “Do Christian Have a Worldview?” (Christ on Campus Initiative, 2007), disponibile nel sito http://thegospelcoalition.org/pdf/cole.pdf
- Paul Merkley “The Gospel as Historical Testimony”, Evangelical Quarterly 58 (1986): 328-36.
- Per il Vangelo, vedi spec. Graham H. Twelftree ” Jesus the Miracle Worker” (Downers Grove: IVP, 1999); René Latourelle “The Miracles of Jesus and the Theology of Miracles” (New York: Paulist, 1988)..
- Vedi inoltre Joseph Houston, “Reported Miracles: A Critique of Hume” (Cambridge: Cambridge University Press, 1994).
- Esempio nella “Life of Apollonius of Tyana” di Filostrato, Racconti del Talmud di Hanina ben Dosa or Honi the Circle-drawer, miti sui Redentori Gnostici, le “divinità” greco-romane e, più in generale, il culto del dio Mitra dei Romani.
- Vedi Ronald H. Nash “The Gospel and the Greeks: Did the New Testament Borrow from Pagan Thought?” (II edizione; Phillipsburg, NJ: Presbyterian & Reformed, 2003); Eric Eve ” The Jewish Context of Jesus’ Miracles” (London: Sheffield Academic Press, 2002)
- Vedi spec. N. T. Wright “The Resurrection of the Son of God” (Minneapolis: Fortress, 2003); Larry W. Hurtado, Lord Jesus Christ: Devotion to Jesus in Earliest Christianity (Grand Rapids: Eerdmans, 2003).
Di Craig L. Blomberg