«La crisi si sta aggravando». Questa è la posizione del presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, la crisi «è un’emergenza vera, non una boutade mediatica» ha detto sottolineando che «è il momento di usare il linguaggio della verità: rischiamo di perdere i veri campioni del made in Italy». La situazione è grave, secondo Emma Marcegaglia,  richiamando alla gravità della situazione e facendo presente che se non si agisce in fretta e con azioni concrete, c’è il rischio che nei prossimi mesi tante aziende falliscano». Perché alle imprese «servono soldi veri» ha affermato Emma Marcegaglia.


Queste affermazioni sembrano andare in controtendenza con ciò che
negli ultimi vent’anni molti sociologi erano convinti di aver identificato la tendenza evolutiva della nostra società. Questa da agricola è diventata industriale, poi post-industriale e, infine, post-moderna. Nella società postmoderna, ci spiegavano, spariscono non solo le ideologie ma tutte le certezze e lo stesso «principio di non contraddizione» per cui non dobbiamo più decidere se è vero questo o quello, sono veri tutti e due. Realtà ed illusione si confondono, non conta la realtà oggettiva ma solo l’immagine, l’apparenza.

Perdono d’importanza lo Stato nazionale, la famiglia, certi valori etici e culturali come fonte di certezze, non c’è più bisogno di certe cose.

La gente si raggruppa in tribù, attorno ad una squadra di calcio, ad un blog, ad una marca. Secondo alcuni non si deve neppure più parlare di cittadini, ma di consumatori. Non si guarda al futuro, l’azienda vuole risultati a breve. Non ci si arricchisce facendo buoni prodotti, ma con astute operazioni finanziare. Tutto è provvisorio, liquido. Si cerca il successo subito, la notorietà subito, il piacere immediato, non importa come. Dominano l’individualismo e l’edonismo. Questa diagnosi su cosa sia e dove stia andando la nostra società è stata insegnata come dogma nelle università, nei master, nei seminari fino a qualche giorno fa. Solo oggi incominciamo a renderci conto che quella che veniva descritta come tendenza storica era, in realtà, il sintomo di una malattia. Sono state proprio l’indifferenza al futuro, l’incapacità di prevedere, la ricerca del profitto a breve termine, le spregiudicatezze nelle operazioni finanziare tanto ammirate a scatenare la crisi mondiale. No, il postmoderno non rappresentava il domani.

Con tutto ciò che sta accadendo, oggi ci rendiamo conto che continua ad esserci differenza fra reale e immaginario, fra realtà e apparenza. Ci sono banche e imprese che falliscono realmente, ci sono disoccupati veri, poveri veri, e occorrono “soldi veri”, non immaginari. Il principio di non contraddizione non è scomparso perché bisogna fare davvero delle scelte, prendere davvero delle decisioni. Il consumatore non è più il re capriccioso di ieri, deve fare i conti con precisione. E tutti tornano a guardare allo Stato, a chiedere aiuti e certezze allo Stato, per prime le orgogliose banche e le grandi imprese.

La mancanza di certezze e un male del nostro secolo presente, l’incertezza sembra regnare a ogni livello nella società postmoderna. Questa gravita non colpisce solo il mondo finanziario, bensì anche quello politico, sociale, ideologico, e spirituale. Perciò “servono certezze vere”.

Non si sopporta più la tolleranza, il press’a poco, le chiacchiere. Si chiede realismo, precisione, rigore, concretezza. La gente ha bisogno di “cose vere”. Molti vogliono tornano a progettare con accortezza, con vigilanza.

Proprio per questa ragione vorrei incoraggiarti a guardare e riflettere su di un personaggio storico ma molto noto alla nostra cultura dalle radici cristiane, un personaggio spesso dimenticato e mal considerato, Gesù Cristo. Gesù si è dichiarato prepotentemente all’umanità affermando di essere l’unica via, dimostrando questo pubblicamente e soffrendo con noi, identificandosi con gli oppressi del mondo, non con gli oppressori. In tutta la sua potenza, condivide posti con i marginalizzati, i poveri, e gli oppressi. Qui possiamo notare che Dio agisce in modo inaspettato, e mai nessuno poteva immaginare che Dio stesso sarebbe sceso sulla terra per donare la propria vita, prendendo la direzione della Croce. Sulla croce Cristo vince perdendo, trionfa attraverso la sconfitta, ottiene la potenza attraverso la debolezza e il servizio, arriva alla ricchezza dando via tutto, per salvarci e risolvendo concretamente il nostro problema, stravolgendo i valori del mondo. Ciò significa che la glorificazione del mondo della potenza, forza, e status è esposta e sconfitta.