E’ ancora plausibile la fede cristiana? Cosa e come gli individui considerano la realtà e la verità? Sembra che qui le dimensioni da esplorare non siano solo quelle psicologiche e soggettive, ma necessitino di un contesto socio-culturale più ampio dentro il quale le credenze risultino “plausibili”, sensate.
E’ il concetto di struttura di plausibilità. Ne parlano, ormai da qualche decennio, in molti fra teologi, filosofi e sociologi. Uno che ne parla in modo intelligente è Peter Berger, sociologo di Boston (USA), il quale afferma:

“la struttura di plausibilità è centrale per la comprensione della relazione tra realtà e coscienza … gli esseri umani hanno bisogno di conferma sociale per le loro credenze sulla realtà. Una persona non ha bisogno che altri la convincano che ha il mal di denti, ma certamente ha bisogno di tale supporto sociale per le tutta la gamma delle credenze morali. Il dolore fisico impone la propria plausibilità senza alcuna mediazione sociale, mentre la moralità esige particolari circostanze sociali per diventare e rimanere plausibile per quella persone. Sono queste … che costituiscono la struttura di plausibilità”. [L’imperativo eretico, 1987, p. 54].

Quello che sembra sia successo, almeno in Occidente, è che le strutture di plausibilità proprie di una società cristiana si stanno trasformando sempre più – nei confronti della fede cristiana – in strutture di non plausibilità.
Come si caratterizzano tali strutture di non plausibilità? Da credenze e presupposti che rendono non credibili e non plausibili i punti di partenza della riflessione e dell’annuncio cristiano (possibilità della rivelazione, esclusivismo, ecc ..).
Una delle manifestazioni più interessanti di queste strutture di non plausibilità è data dall’insieme di obiezioni che normalmente emerge quando si presenta il contenuto del vangelo, della fede cristiana.

Vorrei, mi piacerebbe credere, ma:
– dopotutto, la chiesa non è importante per essere spirituali;
– i cristiani sono ipocriti e pericolosi … e la chiesa è troppo inflessibile;
– non posso credere e aver fiducia nella bibbia;
– la scienza ha falsificato il cristianesimo;
– c’è troppa sofferenza nel mondo per riuscire a credere in Dio;
– non può esserci una sola religione vera;
– non ci sono prove a sufficienza per credere;
– quello che è accaduto 2.000 anni fa non può essere così rilevante per la mia vita;
– se esiste Dio, perché non mi aiuta?

Sono tutte domande post-illuministiche, generate da un individualismo estremamente espressivo ed egocentrico.
Che fare? Alcune cose si potrebbero iniziare a fare: decostruire – con umiltà, integrità e civiltà – la strutture di non plausibilità contemporanee; individuare i problemi centrali, distinguere (radicalmente …) tra religione e vangelo, tra moralità e fede, e introdurre con passione la croce e la resurrezione di Gesù.
Anche perché, spesso, i volti dell’incredulità coincidono con quelli dell’arroganza, della noia, dell’irrilevanza e del compromesso, che come cristiani- ahinoi – ci portiamo dietro.

di Giuseppe Rizza

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