da Pensieri, 479 e 482  di Blaise Pascal
In questo famoso brano dei suoi “Pensieri” Pascal ridimensiona il ruolo della ragione come unica facoltà conoscitiva, aggiungendo un’altra facoltà, il cuore, con cui “conosciamo i principi primi”. Egli afferma che la ragione deve fondarsi sulla conoscenza che derivi dal cuore e dall’istinto, capito però quest’ultimo come intuizione intellettuale. Inoltre, l’autore riconosce la religione cristiana come l’unica che attinga veramente alla ragione.
479. Noi conosciamo la verità, non solamente con la ragione, ma anche con il cuore; è in quest’ultimo modo che noi conosciamo i primi principi ed è invano che il ragionamento, che non vi ha parte, cerca di impugnarli. I pirroniani, che non mirano ad altro, vi si adoperano inutilmente, Sappiamo di non sognare: quale che sia l’incapacità nostra di provarlo con la ragione; questa incapacità dimostra solo la debolezza della nostra ragione, ma non l’incertezza di tutte le nostre conoscenze, come essi pretendono. Perché la conoscenza dei primi principi, come l’esistenza dello spazio, del tempo, del movimento, dei numeri è altrettanto salda che qualsiasi di quelle che i nostri ragionamenti ci procurano. Ed è su questa conoscenza del cuore e dell’istinto che la ragione deve fondarsi, e fondarvi ogni suo discorso. Il cuore sente che vi sono tre dimensioni nello spazio, e che i numeri sono infiniti; e la ragione dimostra poi che non vi sono due numeri quadrati l’uno dei quali sia il doppio dell’altro. I principi si sentono, le proposizioni si dimostrano, e il tutto con certezza, sebbene per vie diverse. Ed è altrettanto inutile o altrettanto ridicolo che la ragione chieda al cuore prove dei suoi principi, per volervi dare il proprio consenso, quanto sarebbe ridicolo che il cuore chiedesse alla ragione un sentimento di tutte le proposizioni che essa dimostra, per volerle accettare. Questa impotenza non deve, dunque, servire che a umiliare la ragione, che vorrebbe giudicare tutto, ma non a impugnare la nostra certezza, come se vi fosse solo la ragione capace di istruirci. Piacesse a Dio che, all’opposto, noi non ne avessimo mai bisogno e che e che conoscessimo tutte le cose per istinto e per sentimento! Ma la natura ci ha rifiutato questo bene; all’opposto, essa ci ha dato solo pochissime conoscenze di tal fatta; tutte le altre non possono essere acquisite che per ragionamento. Ed è per questo che quelli a cui Dio ha dato la religione per sentimento del cuore, sono ben fortunati e ben legittimamente persuasi. Ma a quelli che non l’hanno, noi non possiamo darla che per mezzo del ragionamento, nell’attesa che Dio gliela doni per sentimento del cuore, senza di che la fede è solamente umana e inutile per la salvezza.
482. Vi sono tre mezzi per credere: la ragione, l’abitudine, l’ispirazione. La religione cristiana, la sola che abbia la ragione, non riconosce come suoi veri figli quelli che credono senza ispirazione; non è che essa escluda la ragione e l’abitudine, al contrario; ma bisogna aprire al propria mente alle prove, confermarsi in esse con l’abitudine, ma offrirsi con atti di umiltà alle ispirazioni, che sole possono produrre il vero e salutare effetto: Ne evacuetur crux Christi.


Da Pensieri, opuscoli, lettere, a cura di A. Bausola, tr. it. di A. Bausola e R. Tapella, Rusconi, Milano 19974Pensieri, nn. 479 e 482, pp. 585-590.