Speranza paleocristiana
Alla periferia della città di Roma, troverete reti di tunnel scavati sottoterra a circa 70 piedi (20 metri) di profondità. Se avete il coraggio di scendere le scale di pietra, troverete qualcosa di ancora più sorprendente: alcuni dei primi luoghi di sepoltura cristiani riconoscibili al mondo. In queste catacombe, i cristiani dei primi secoli seppellivano i loro morti. Le persecuzioni romane significavano che i cristiani avevano bisogno di luoghi segreti per le sepolture; solo allora potevano evitare la profanazione. Ma la cosa più sorprendente di queste antiche tombe è che sono portatrici anche di alcune delle più antiche opere cristiane esistenti al mondo. E, piuttosto che i cupi dipinti che ci si potrebbe aspettare da una tomba sotterranea, queste opere d’arte risuonano con temi di speranza e di riconquista della vita. Un’immagine comune è quella di Cristo da Buon Pastore, che trasporta una delle sue pecore attraverso i pericoli della morte. Altre scene includono Giona e la balena e l’Ultima Cena (con le sue sfumature della tanto attesa Cena delle Nozze dell’Agnello alla fine dei giorni)


Buon Pastore (catacombe di San Callisto), Jim Forest,
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Due cose sono notevoli relativamente all’atteggiamento di questi primi cristiani riguardante la morte. In primo luogo, sembra esserci una fiducia nella realtà della risurrezione corporea. Ciò è evidente nella cura che hanno preso nel seppellire i loro cari, ed è esplicito negli scritti dei primi apologeti cristiani. In secondo luogo, questi cristiani avevano chiaramente un notevole senso di speranza anche se occupavano la posizione di una minoranza religiosa ostracizzata (anzi perseguitata). La loro speranza è chiara dalle scene di intense attese che descrivevano nei loro mausolei sotterranei. Questi primi cristiani credevano che Gesù fosse risorto fisicamente, così che potessimo anche noi tornare in vita. Una tale fiducia era praticamente assente dalla circostante cultura greco-romana che derideva l’idea stessa della risurrezione.

La possibilità di risurrezione
Questo disprezzo pagano per la risurrezione è qualcosa che i lettori moderni capiranno. Dopotutto, ci sono misteri sulla possibilità della risurrezione. Come può Dio riportare in vita i morti? Apparentemente questa domanda era stata posta dal pubblico a Paolo nel I° secolo a Corinto. Questa domanda è probabilmente ancora più urgente alla luce dei paradigmi filosofici che sono arrivati a dominare nel XX secolo. Si pensa comunemente che la persona umana sia un’entità puramente materiale o fisica (una posizione a volte chiamata “materialismo”) che esce dall’esistenza nel momento della morte. Sebbene il materialismo sia una posizione filosofica, si ritiene spesso che sia inequivocabilmente confermato dalla scienza. Se il materialismo è vero – se non c’è una parte non-materiale in noi – come possiamo essere resuscitati?

Perorare la causa della possibilità della risurrezione va ben oltre lo scopo di questo post, ma ci sono alcuni punti importanti da chiarire. Innanzitutto, i filosofi di tutti i generi rimangono impegnati in un acceso dibattito sul fatto che il materialismo sia vero. Sebbene la presenza di materialismo di qualche tipo sia probabilmente l’opinione cha va per la maggiore tra i filosofi, si trovano comunque ad affrontare diversi problemi. Uno di questi è che (a causa degli sviluppi nella fisica del XIX e XX secolo) non è chiaro che la materia sia ciò che la fisica studia. La fisica sembra studiare e proporre entità molto diverse da quelle che i filosofi materialisti avevano storicamente in mente. Queste entità proposte più di recente includono campi elettromagnetici e spazio-tempo. Dire che tutto ciò che esiste è materia in movimento sembra (quanto meno) semplificare e forviante.
In secondo luogo, ci sono importanti argomenti filosofici che allontanano il materialismo. Uno di questi prevede un esperimento mentale. Immaginiamo che ci sia un altro mondo costruito esattamente come il nostro. Ci sono pianeti, querce, automobili e esseri umani. Questi sono tutti composti (fisicamente parlando) proprio come nel nostro mondo. Tuttavia, in questo mondo immaginario non esiste esperienza di coscienza. Gli esseri umani sembrano (dall’esterno) coscienti; ma sono semplicemente robot progettati in modo intelligente. Se riusciamo persino a concepire un mondo simile, la coscienza o la mente non sono necessariamente riducibili ad innate entità fisiche. Ora, questo argomento è controverso, ma il punto qui è semplicemente che non dovremmo supporre che il materialismo sia vero per definizione o per impostazione predefinita. C’è spazio per affermare che la mente non sia riducibile al corpo che muore e che decade. Se c’è qualche elemento non fisico della persona, allora la vita dopo la morte non sembra impossibile.
Terzo, la futura risurrezione è stata storicamente affermata come un miracolo divino – un evento che dipende dall’onnipotenza di Dio (o potere illimitato). Quando lo prendiamo in considerazione, anche il materialismo potrebbe non essere incompatibile con una vita ultraterrena personale. Dopotutto, l’onnipotenza si estende a tutte le possibilità logiche. Forse non sappiamo come Dio possa riportare in vita una persona umana dopo la morte, ma ciò non significa che Dio non sia in grado. Se si accetta che Dio abbia rivelato che “poiché verrà l’ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e ne usciranno” (Giovanni 5:28), allora può essere ragionevole accettare una simile proposta di speranza.

Letture Consigliate:
San Agostino. The City of God. Bk. §XXII, 3-30.
Ney, Alyssa. ‘Defining Physicalism’. Philosophy Compass. Vol. 3, No. 5 (2008): 1033-1048.
Thompson, Jon W. ‘Divine Idealism as Physicalism? Reflections on the Structural Definition of Physicalism’. Faith and Philosophy Vol. 36: Iss. 3, Article 2 (2019).
Wright, NT. Surprised by Hope. London: SPCK, 2007.

Scritto da Jon Thomson
Jon ha conseguito un dottorato in filosofia presso il King’s College di Londra, dove è stato supervisionato dalla professoressa Rosa Antognazza e dal dott. Jasper Reid. Ora è un ricercatore post-dottorato presso il Faraday Institute di Cambridge, su un progetto triennale intitolato “Reincarnare l’anima”: la possibilità e la desiderabilità di una vita dopo la morte personale “. Questo progetto contribuirà al dibattito filosofico sulla possibilità di una vita dopo la morte. La sua ricerca di dottorato si concentrò sulle teorie dell’identità personale e corporea nel diciassettesimo secolo. Al di fuori del suo lavoro nella storia della filosofia, ha pubblicato su temi contemporanei in filosofia della mente e filosofia della religione.

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