Le donne hanno il diritto di sapere i fatti

Per poter prendere decisioni sulla salute riproduttiva con informazioni complete, le donne devono comprendere gli effetti del fattore riproduttivo e sul rischio di sviluppare il tumore al seno. Comprendendo la fisiologia del seno permette di comprendere in modo semplice il fatto di rischio.

Prima della prima gravidanza, il seno di una donna contiene tessuto prematuro, che è incapace di produrre latte e che è quindi molto suscettibile nel sviluppare un tumore. Durante le prime 20 settimane di gestazione, gli ormoni dalla gravidanza (estrogeni) causano il tessuto prematuro del seno di crescere rapidamente, dando dei sintomi di irritazione del seno. Non è fino al terzo semestre che questo tessuto prematuro comincia a maturare (differenziando) in tessuto del seno in grado di allattare. Non è fino alle 32 settimane che il tessuto matura predomina. Il tessuto del seno che è in grado di produrre latte è resistente allo sviluppo di tumore. Di seguito due semplici conseguenze:

1. Più a lungo una donna ha il tessuto immaturo del senso più alto è il rischio di tumore. Questo ha un senso nel profilo del rischio dei tumori al senso: la donna con il rischio basso è colei che evita cure anticoncezionali nell’età adolescenziale, ha gravidanze dai vent’anni in poi, allattando ogni bambino per almeno sei mesi e ha poche o nessuna interruzione di gravidanza nelle prime 32 settimane di gestazione. La donna ad alto rischio è colei che usa per almeno un ano anticoncezionali nell’età adolescenziale, e non ha gravidanze fino ai trent’anni, e ha avuto aborti nelle prime 32 settimane, o prima del termine della gravidanza, e che non ha avuto tanti bambini e che non allatta.

2. 
Abortendo nelle prime 32 settimane di gestazione risulta in un arresto del tessuto del senso in uno stato prematuro, suscettibile quindi a cambiamenti mutazionali risultando in tumori al seno. Studi hanno dimostrato che terminando una gravidanza entro le 32 settimane, specialmente in donne che non hanno sviluppato il tessuto del seno risulta in un incremento di rischio di sviluppare un tumore al seno.1 Perciò una donna che subisce un aborto nel secondo trimestre dovuto ad un evento traumatico come un incidente in macchina, ha un rischio più alto di un tumore al seno, come anche una donna che termina volontariamente una gravidanza nel primo o secondo trimestre. Ma questa conseguenza è altamente inconveniente.

Ci sono pressioni tremende accademiche, politiche e finanziarie per promuovere aborti elettivi, e che sopprimono le preoccupazioni che possono esserci sulla salute delle donne che hanno degli aborti. Alcuni studi progettati per investigare l’associazione tra cancro al seno e l’aborto ricorrono a metodologie sbagliate che oscurano la domanda scientifica a cui dovevano rispondere. Un esempio eccellente di metodologie erranti è l’analisi frequentemente citata di Beral et al (2004)2 su il collegio reale delle ostetriche e di ginecologia di basano per formulare una guida sull’aborto. Gli autori riportano che non c’è associazione tra aborto e cancro al seno. Ma come sono arrivati a questa conclusione? Lo studio di Beral ha incorporato una serie di errori di metodologie, tre delle quali verranno discusse di seguito:

1. Selezione di dati non obbiettivi
: Gli studi hanno esaminato due tipi di dati: retrospettivi e potenziali. L’analisi su 39 studi retrospettivi hanno dimostrato un rischio più alto di tumore al seno con un aborto indotto. L’analisi su 13 studi possibili hanno mostrato un rischio più basso di tumore con un aborto indotto. Gli autori hanno gestito questo conflitto scartando l’analisi sugli studi retrospettivi su motivi non confermati che questi 39 studi non erano obbiettivi. Ma gli autori hanno ammesso che è che gli studi potenziali potrebbero essere non obbiettivi ma non gli hanno rifiutati. Inoltre gli autori non hanno fornito prove per non aver considerato i 39 studi a favore dei 13 studi potenziale e non hanno comunicato dell’esistenza di almeno altri 5 dati disponibili.
2. Gruppi inadeguati per la comparazione: Gli autori hanno comparato il rischio di cancro al seno di donne che hanno abortito con il rischio nelle donne che non hanno mai avuto una gravidanza. In entrambi i casi le donne hanno un aumento di rischio di sviluppare il tumore al seno. Una comparazione adeguata sarebbe tra donne che hanno portato a termine la gravidanza con una donna che ha avuto un aborto.
3. Nessuna stratificazione sull’età gestazionale dell’aborto: l’effetto previsto di un aborto sul rischio di sviluppare il tumore al seno dipende sullo stimolo del tessuto del prematuro. Di conseguenza ci si aspetterebbe un effetto maggiore dal primo contro il secondo trimestre per l’interruzione della gravidanza. Senza un’analisi su questo gruppo, gli autori non possono determinare correttamente se l’aborto indotto non ha effetti sul rischio di sviluppare un tumore.

Questo tipo di errore metodologici non sono confinati solo allo studio Beral. Un articolo5 pubblicato recentemente esami le ricerche pubblicati fino ad oggi e include una discussione su i dodici errori metodologici più comuni negli articoli sul tumore al seno e sono i seguenti:

  1. Questionari incompleti, poche risposte da parte degli utenti e quindi dati incompleti.
  2. Frazione di tempo non corretta per ottenere i dati (ci vogliono circa 8-10 anni dopo un aborto per lo sviluppo di un tumore per raggiungere la misura percettibile di 1 cm).
  3. Gruppi inadeguati per la comparazione.
  4. Dati uniti di aborti spontanei e indotti
  5. Dati non obbiettivi (con esclusioni di dati senza motivi scientifici per l’esclusione)
  6. Campioni di persone insufficienti
  7. Nessuna distinzione tra aborti del primo e secondo trimestre.

Si potrebbero trovare dati che non sono stati menzionati dalle conclusioni dell’autore. Dolle6 e i ricercatori dell’Istituto Nazionale dei Tumori negli Stati Uniti pubblicarono uno studio nel 2009 che includeva una tabella dei rischi relativi di tre volte negativo in relazione ai fattori riproduttivi. La Tabella 1 nei loro studi rivela un rischio relativo di 1.4 (ossia 40% aumento di rischio) per le donne che hanno avuto un aborto indotto in comparazione con le donne che non hanno avuto un aborto indotto.
Una nuova analisi del 2014 dei 36 studi di Huang et al che ha studiato nello specifico la relazione tra aborto indotto e tumore al seno. Si rivela che l’aborto indotto è associato significativamente ad un aumento di rischio di tumore al seno sulle donne cinesi, e il rischio di tumore aumenta come aumenta il numero di aborti indotti. Le donne che hanno avuto almeno un aborto indotto ha un rischio relativo d 1.44 (ossia 44% di aumento di rischio). Per le donne che hanno avuto almeno 2 o almeno tre aborti indotti il rischio è di 1.76 e di 1.89 rispettivamente.7
Lecarpentier, utilizzando un database dal gruppo francese nazionale BRCA (Breast Related Cancer Antigens), ha confermato l’associazione tra le gravidanze interrotte  prima del primo termine e il cancro al seno che sono geneticamente suscettibili al tumore al seno (mutazioni BRCA). Le donne che sono portatrici del gene del tumore al seno ma che portano a termine la gravidanza hanno minor rischio di sviluppare il tumore. Ma per le donne che sono portatrici del gene e terminano la gravidanza prima del termine, allora queste hanno un rischio molto più alto di sviluppare il tumore. Per le donne che hanno terminato prima del termine tre gravidanze, il loro rischio è di 239% in più. Questa è una informazione seriamente importante che le donne che hanno la mutazione del gene BRCA siano informate quando considerano di terminare le loro gravidanze.

Mentre la ricerca sulla associazione tra il tumore al seno e la storia riproduttiva di una donna continua, è sempre più chiaro che un aborto non so ruba una donna della protezione di una gravidanza portata a termine, ma anche arresta lo sviluppo dei seni che significa essere più a rischio di cambi cancerogeni. In una società che valorizza il consenso, è essenziale che le donne siano informate di questo aumento di rischio prima di un aborto indotto, e che questo rischio sia appropriatamente stratificato dall’età gestionale del feto al momento dell’aborto. Per poter controllare le loro capacità riproduttive, le donne devono essere informate sulle implicazioni sulle le scelte riproduttive che possono avere sulla loro salute futura.

 

Note
1. Innes KE, Byers TE. First pregnancy characteristics and subsequent breast cancer risk among young women. Int J Cancer 2004;112:306-3011
2. Beral V. A Collaborative reanalysis of data from 53 studies including 83,000 women from 16 countries. Lancet 2004,363:1007-16 1.usa.gov/OI3BXE
3. RCOG.The care of women requesting induced abortion: evidence-based clinical guideline number 7, Section 5.4 RCOG 2011; 42-43 bit.ly/1gknzMH
4. Fagan, P and Lanfranchi A. Induced abortion and breast cancer. Marriage and Religion Research Institute, 2013. bit.ly/1cSNWoA
5. Ibid
6. Dolle, JM Daling JR, Wite E, Brinton La, Doddy DR, Porter PL and Malone KE.  Risk Factors for the Triple-Negative Breast Cancer in Women Under the Age of 45 Years. Cancer Epidemiol Biomakers Prev 2009;18 (4):1157-1166
7. Huang Y.Zhang X.Li W, Song F., Dai H. Wang, gao Y, Liu X, Chen C, yan Y, Wang Y, Chen K. A meta-analysis of the association between breast cancer and induced abortion and  breast cancer risk among Chinese females. Cancer causes control 2014; 25(2):227-36
8. Lecarpentier J, Noques C, Mouret-Fourme E, Gauthier-villars M, Lasset C, Fricker JP, Caron O, Stoppa-Lyonnet D et al. Variation in breast cancer risk and associated with factors related to pregnancies according to truncating mutation locations, in the French National BRCA1 e BRCA2 mutations carries cohort (GENEPSO). Open BMJ available at bit.ly/1fTYLko.

Donna Harrison MD è direttrice esecutiva e direttrice della ricerca e della politica pubblica della associazione pro vita delle Ostetriche e ginecologi (AAPLOG)